Lutto in città per la scomparsa dell’ex sindaco Mauro Favilla, all’età di 87 anni, compiuti lo scorso 5 gennaio. Era stato sindaco di Lucca per tre mandati dal 1972 al 1985, poi altre due volte nel 1988 e dal 2007 al 2012. Da qualche tempo era ricoverato all’ospedale San Luca anche per il Covid che aveva aggravato alcune patologie, contribuendo al decesso. Laureato in economia e commercio all’università di Pisa, era stato insegnante di ragioneria. Mauro Favilla, il sindaco gentiluomo, lascia tre figli, mentre la moglie Carla Giorgi era morta nel maggio 2015.
In politica fu una delle punte di diamante della Democrazia Cristiana, sia come consigliere comunale, che come assessore del Comune di Lucca e infine come primo cittadino. Era stato eletto senatore nel 1987, e confermato per tre mandati fino al 1996, ricoprendo incarichi di presidente della commissione bicamerale per la riforma dei testi unici tributari e di presidente della commissione finanze e tesoro del Senato. Nelle elezioni del 2007 tornò a guidare la città come sindaco per il centrodestra. Poi si ricandidò alle elezioni del 2012, arrivando però terzo. Al ballottaggio finirono Alessandro Tambellini (che vinse) e Pietro Fazzi.
"Era un amministratore di grandi capacità – lo ricorda Franco Fabbri, che fu suo vicesindaco – profondo conoscitore del territorio e della struttura comunale. Sempre aperto a sinceri rapporti interpersonali nel reciproco rispetto di ruoli diversi. E’ stato senza dubbio anche per me una guida importante e autorevole. Le mie più vive condoglianze alla famiglia".
"Litigare con Mauro era impossibile – commenta il sindaco di Viareggio, Giorgio Del Ghingaro – . Ti guardava di sottecchi sorridendo, l’abbozzava e ogni volta, in perfetto silenzio, sembrava dicesse: “ ragazzo io ne ho viste di tutti i colori, rilassati e risolviamo”. Mauro Favilla è stato uno degli ultimi Politici lucchesi, quelli che vengono da una storia spessa e robusta, chiusa a doppia mandata dentro lo scrigno di una città segreta e riservata. “Te stai calmo che sabato ti vengo a trovare in Comune”. Rispose così ad una delle tante intemperanze di quello che lui considerava un giovane sindaco troppo fumino. Fu così che entrammo in confidenza. Dopo qualche settimana di botta e risposta e incomprensioni varie, su una questione amministrativa delicata, diventammo, oltre che colleghi, anche amici. Per me fu un privilegio. Io l’ho sempre chiamato “accordo del divano”, perché stretti sul canapè deponemmo le armi e ci accordammo sul da farsi. In quell’occasione imparai come si media, con garbo e intelligenza, con forza e astuzia. Fu una vera e propria lezione di tattica politica che non ho mai dimenticato".
Paolo Pacini