Tre date certe e ancora alcune domande. Tra una settimana (il 17 maggio) è fissata l’udienza per verificare la pericolosità sociale di Gianluca Paul Seung davanti al magistrato di sorveglianza di Pisa. Il 23, invece, si terrà il conferimento incarico per eseguire una nuova perizia sul 35enne che si trova in carcere a Firenze. Ma si sta ancora cercando di ricostruire quanto accaduto dopo l’assoluzione dell’uomo a maggio 2022 per aver aggredito una guardia con lo spray al peperoncino al tribunale di Lucca.
Il giovane, accusato dell’omicidio della dottoressa Barbara Capovani, era stato dichiarato incapace di intendere e di volere sulla base di una perizia, ma, come da richiesta del pm in udienza, fu stabilito l’affidamento ad una struttura psichiatricaassistenziale, da individuarsi a cura del Centro salute mentale competente per territorio (lui è residente a Torre del Lago) e la libertà vigilata. Le prescrizioni su quest’ultima - lo dice l’articolo 190 (disposizioni di attuazione del codice di procedura penale) - sono stabilite dal magistrato di sorveglianza, appunto. Sono valutate su ogni singolo caso e sono varie, come per esempio, il rispetto di alcuni orari per le uscite di casa, la psicoterapia e la vigilanza sulle stesse. Non si sa ancora perché il 35enne non avesse prescrizioni e se fossero previste, la sentenza era passata in giudicato a giugno 2022.
Si sa invece che il "vigilato", come condizione ineliminabile, così è stato anche per Seung, non può, "senza autorizzazione del magistrato di sorveglianza stesso, trasferire la propria residenza o dimora in un comune diverso". Resta però una domanda su tutte: un’eventuale misura (che non fosse la Rems) avrebbe impedito a Seung di compiere il delitto di cui è accusato? L’uomo era già evaso dai domiciliari in passato. Il Tribunale di Pisa il 23 affiderà l’incarico per la perizia al professor Paterniti, mentre i legali di Seung si sono rivolti a professionisti fuori Pisa.
Non si trova, inoltre, l’arma del delitto, un mattarello o un attrezzo usato nelle arti marziali. Forse è stato gettato nel percorso tra l’ospedale di Pisa e casa dell’indagato. Proseguono le ricerche, così come vanno avanti le raccolte fondi in ricordo della dottoressa. Ce n’è una che colpisce per la spontaneità. I detenuti della casa circondariale Don Bosco di Pisa si sono autotassati mettendo insieme 300 euro e donandoli ai familiari, in memoria della responsabile dell’Spdc. Saranno destinati ad associazioni che si occupano di animali e bambini.
Antonia Casini