Il 27 gennaio 1945 è il giorno in cui, alla fine della seconda guerra mondiale - i cancelli di Auschwitz vengono abbattuti dalla 60ª armata dell’esercito sovietico. Il complesso di campi di concentramento che conosciamo come Auschwitz non era molto distante da Cracovia, in quelli che erano all’epoca i confini tra Germania e Polonia. Con l’avvicinarsi dell’Armata Rossa, già intorno alla metà di gennaio, le SS iniziarono ad evacuare il complesso: circa 60.000 prigionieri vennero fatti marciare prima dell’arrivo dei russi. Di questi prigionieri, si stima che tra 9000 e 15000 sarebbero morti durante il tragitto, in gran parte uccisi dalle SS perché non riuscivano a reggere i ritmi incessanti della marcia. Altri prigionieri, circa 9.000, erano stati lasciati nel complesso di campi di Auschwitz perché malati o esausti: le SS intendevano eliminarli ma non ebbero il tempo per farlo prima dell’arrivo dei sovietici.
Con la legge 211, del 20 luglio 2000, in Italia ogni 27 gennaio si commemora il “Giorno della memoria, una legge composta da due semplici articoli. Una commemorazione pubblica non soltanto della shoah, ma anche delle leggi razziali approvate sotto il fascismo, di tutti gli italiani, ebrei e non, che sono stati uccisi, deportati ed imprigionati, e di tutti coloro che si sono opposti alla ‘soluzione finale’ voluta dai nazisti, spesso rischiando la vita. Lo scopo è quello di non dimenticare mai questo momento drammatico del nostro passato di italiani ed europei, affinché, come dice la stessa legge “simili eventi non possano mai più accadere”. Come queste parole indicano chiaramente, non si tratta affatto di una ‘celebrazione’, ma del dover ribadire quanto sia importante studiare ciò che è successo in passato. L’ONU nel 2005 proclama il 27 gennaio Giornata Internazionale della Commemorazione in memoria delle vittime dell’Olocausto. Nel corso della storia ci sono stati diversi tentativi di genocidio: tra i più recenti quello degli armeni in Turchia durante la Prima guerra mondiale o quello compiuto dalla dittatura comunista in Cambogia a metà degli anni ‘70, o le terribili deportazioni di contadini volute da Stalin negli anni ‘30 o ‘40. Lo stesso termine ‘genocidio’, tuttavia, è stato coniato in occasione della Shoah.
Ciò che rende unica la Shoah è il fatto che si trattò di un genocidio razionale, ben organizzato, che si avvaleva della tecnologia e di impianti efficienti per sterminare un popolo intero nel cuore dell’Europa. Ricordare e commemorare le vittime della shoah non significa affatto trascurare altri genocidi, né tanto meno stabilire inutili ‘priorità’ tra stermini e dolori di un popolo piuttosto che di altri popoli. Il giorno della memoria non è un omaggio alle vittime, ma semplicemente un riconoscimento pubblico e collettivo di un fatto particolarmente grave di cui l’Europa è stata capace, e a cui l’Italia ha attivamente collaborato.
Rivolgiamoci alle nuove generazioni con correttezza e chiediamo scusa per il mondo che lasciamo loro, insegniamo loro ad affrontare i conflitti che naturalmente fanno parte della vita relazionale in modo positivo, insegniamo loro a mettersi nei panni degli altri, a guardarsi attorno con l’interesse sincero e il rispetto che ognuno si merita di avere e di dare. Ma certo non possiamo addossarci tutti i problemi degli altri, ma certo che no però teniamo ben presente che anche noi siamo gli altri e come diceva Gino Strada: “il mondo dovrebbe essere così: chi ha bisogno va salvato“.
Simonetta Simonetti(Associazione Toscana Volontari della Libertà)