Si apre ufficialmente giovedì alle 21 il Canto del Maggio Festival 2025 con un appuntamento speciale dei Giovedì al Museo in presenza alla Sala della Narrazione, in cui il professor Umberto Bertolini, curatore del museo, illustrerà il programma della nuova edizione insieme ai maggianti della Garfagnana. A seguire Fabio Baroni, studioso di tradizioni popolari e collaboratore del Festival, terrà la conferenza "Giubileo 2025: il senso del sacro nelle tradizioni dell’anno agricolo in Garfagnana e Lunigiana". È possibile assistere all’incontro sia in presenza, nella sede del Museo, in via Ducale 4, a San Michele, sia online, prenotandosi al link: https://bit.ly/gennaio24museo.
Le terre della Garfagnana e della Lunigiana sono oggi luoghi di eremitaggio, di ritiro in monastero e di chiese, ma prima del Cristianesimo erano luoghi dei carnasciali, dei riti di primavera, del solstizio d’inverno, delle baldorie di fuoco sui monti. I riti precristiani sono stati infatti inglobati dal Cristianesimo e sono divenuti parte dell’identità culturale, come la moresca e il maggio, di queste terre ricche di sacralità. Più oltre si sono aggiunti riti specifici come le laudi, le sacre rappresentazioni e la poesia religiosa soprattutto medievale. Inoltre il teatro dei gesuiti, le grandi processioni e, infine, le vite dei santi, tipiche della religiosità contadina.
Durante l’anno agricolo, molti sono stati i riti e le fasi di passaggio celebrate dai nostri antenati, che hanno anche espresso un senso del sacro locale, con la creazione delle maestaine, assai diffuse in questi territori. Baroni, studioso di tradizioni popolari, figlio di un campione (suggeritore) del canto del Maggio, Enio Baroni, della compagnia dei maggianti di Codiponte di Casola, e fratello del chitarrista della stessa compagnia, ha studiato, sulla scia di Augusto Cesare Ambrosi, la tradizione del Maggio. Direttore negli anni Ottanta del Centro Tradizioni Popolari della Provincia, ha pubblicato libri e saggi, realizzato mostre e tenuto conferenze sul tema. Oggi collabora, anche con il Museo italiano dell’immaginario folklorico.
Dino Magistrelli