Per provvidenza divina… per miracolo o qualcosa di simile, tanta era la risolutezza e la frequenza con cui si presentava, ogni volta che veniva invocata per risolvere urgenti problemi economici. Per cinque decenni fu la parola d’ordine di Sor Ferdinando, all’anagrafe Don Ferdinando Simonetti, l’anima del Ricovero degli Artigianelli, un’istituzione cittadina benemerita che accolse, educò e istruì tanti giovani, orfani o appartenenti a famiglie povere, altrimenti destinati a crescere in stato di abbandono.
In epoca in cui la società lucchese, ma anche italiana, viveva momenti molto grami a causa della crisi economica e della politica internazionale, con la Grande Guerra ormai alle porte, in città si moltiplicavano gli istituti di beneficenza in soccorso delle fasce della popolazione più fragile. E tra queste, nel 1914, nacque il Ricovero degli Artigianelli in via dell’Angelo Custode, sulla scia del successo di un’altra iniziativa importante come la creazione della Scuola serale "Matteo Civitali" voluta per assicurare un’istruzione minima ai giovani, tra i quali era diffuso l’analfabetismo e che per necessità di lavoro avevano abbandonato anzitempo la scuola.
Era stato il futuro vescovo di Lucca, Mons. Giovanni Volpi, a crearla, ma fu Don Ferdinando a proseguire la sua opera e a dirigere per oltre cinquant’anni il nuovo Istituto, trasformandolo in una casa accogliente, in grado di garantire vitto e alloggio e soprattutto una formazione professionale che facesse di quei ragazzi raccolti per strada, degli uomini in possesso di un mestiere e animati da un vero spirito cristiano. Nata per dare ospitalità ad un numero ristretto di ragazzi, complice la guerra, vide crescere considerevolmente le presenze, mettendo a dura prova le casse dell’Istituto, sempre vuote.
Sor Ferdinando non mandava via nessuno di quelli che bussavano alla sua porta, senza fare calcoli economici, allarmando i suoi più stretti collaboratori. Ci penserà la Provvidenza… diceva, senza perdere mai fiducia nella generosità dei lucchesi. Bussando ad ogni porta, coinvolgendo istituzioni e privati, promuovendo iniziative, collette e fiere di beneficenza, riusciva ogni volta a coprire le crescenti spese che comportava. E da appena una decina di ragazzi, arrivò negli anni Quaranta, ad accoglierne oltre duecento, tra coloro che vi soggiornavano stabilmente e coloro che lo utilizzavano quasi come un doposcuola. Ma il vero successo dell’istituto fu la preparazione dei ragazzi all’esercizio di un mestiere, proponendo laboratori di formazione artigianale da cui uscivano: meccanici, calzolai, sarti, falegnami e tipografi e a cui si rivolgevano sempre più frequentemente le ditte artigiane cittadine.
Un esperimento sociale riuscito in un’epoca di stenti e privazioni, con l’affermazione soprattutto della Scuola Tipografica Artigianelli che ebbe anche il merito di rilanciare un mestiere antico lucchese. Poi i tempi cambiarono e alla fine degli anni Sessanta iniziò il declino dell’Istituzione, ma finché Sor Ferdinando non ebbe completato la sua missione, la Divina Provvidenza ebbe sempre per le sue opere un occhio di riguardo.