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L’esplosione a Torre
Lucca, 2 marzo 2025 – Ci sarebbero stati errori tecnici nell’installazione della tubatura del gas metano nel 1993, poi nella manutenzione della stessa e nell’allaccio operato nel 2022 con la valvola di sicurezza lasciata aperta: da qui la corrosione dell’acciaio operata dall’acqua, la fuga di gas metano e lo scoppio micidiale che in pochi istanti rase al suolo due abitazioni. Queste in sintesi, secondo i periti nominati dal giudice, le sostanziali concause della tragica esplosione di Torre, che il 27 ottobre 2022 costò la vita a tre persone: Luca Franceschi, 69 anni, la compagna Lyudmyla Perets di 44 e la 26enne Debora Pierini, che pure riuscì a dare alla luce con un miracoloso cesareo di emergenza il piccolo Dante.
I reati ipotizzati erano omicidio colposo plurimo, esplosione, crollo colposo e lesioni personali, ma dopo due anni mezzo di indagini, la Procura ha deciso adesso un po’ a sorpresa di chiedere l’archiviazione anche per i 15 indagati rimasti ancora nell’inchiesta (dei 42 iniziali), ritenendo inutile tentare di andare a processo con questi elementi. Per il pm Antonio Mariotti le prove raccolte sono insufficienti. La parola passa ora al Gip Alessandro Trinci, ma l’amarezza dei familiari delle vittime è palpabile e dunque si opporranno all’archiviazione. Marta Franceschi, figlia di Luca Franceschi, e Aliki Pareti, figlia di Lyudmyla Perets, lo sottolineano in questa lettera aperta alla cittadinanza lucchese.
“Lo scorso 10 febbraio – scrivono – abbiamo appreso con stupore e sgomento che, dopo oltre due anni di indagini, la Procura ha chiesto l’archiviazione per tutti gli indagati nella vicenda che ha tolto la vita ai nostri genitori e alla loro vicina di casa. Per mesi abbiamo atteso in silenzio, confidando nella scrupolosa ricostruzione dell’esplosione effettuata dai periti e nell’avviso di chiusura indagini, arrivato a settembre 2024, che ipotizzava diversi reati a carico di 15 persone appartenenti a quattro diverse società. La richiesta di archiviazione è stata un fulmine a ciel sereno, un’ulteriore beffa dopo tutto ciò che abbiamo vissuto. Le motivazioni addotte ci appaiono per giunta quasi surreali. Cari concittadini, questa è una tipica storia all’italiana: gli inquirenti riconoscono la presenza di condotte gravi – come la rete del metano installata nel 1993 senza rispettare i criteri di sicurezza allora vigenti, sulla quale, appena due settimane prima dell’esplosione, è stata realizzata una nuova derivazione con procedure da verificare – ma concludono che, alla fine, “non è colpa di nessuno”, almeno sul piano penale”.
“Le istituzioni si aspettano forse che accettiamo passivamente l’esistenza di impianti vecchi e insicuri, soggetti a modifiche senza adeguati controlli? Vi sentite tranquilli sapendo che questa è la realtà del nostro territorio? Il 27 ottobre 2022 ha segnato la vita di due persone allora minorenni, che hanno perso la madre e la casa (Aliki e il piccolo Dante, a cui va ogni giorno il nostro pensiero), e di una donna che ha visto morire il padre mentre era incinta di nove mesi (Marta ha dato alla luce il nipotino di Luca pochi giorni dopo la tragedia)”.
“Ma ciò che più ci indigna è che, dopo più di due anni, noi parenti delle vittime, in particolare i minori, non solo non abbiamo ricevuto alcun risarcimento, ma neppure un messaggio di cordoglio o un gesto di solidarietà da parte delle società coinvolte in questo evento. Gesam Reti, società a partecipazione pubblica proprietaria dell’infrastruttura responsabile della tragedia, non ci ha mai contattati. Non ha risposto ai nostri avvocati né ha mostrato alcuna volontà di riconoscere l’accaduto o proporre un indennizzo. Lo stesso atteggiamento di silenzio è stato adottato dalle altre aziende coinvolte: Del Debbio, che installò l’impianto nel 1993 per conto di Gesam, e Celfa, che eseguì i lavori di allacciamento sul tubo bucato il 13 ottobre 2022”.
“Nel frattempo – sottolineano Marta Franceschi e Aliki Pareti – abbiamo dovuto affrontare da sole le spese per le pratiche amministrative – inclusa, beffa nella beffa, la demolizione degli autoveicoli distrutti dall’esplosione – e soprattutto ricostruire la nostra vita e il nostro equilibrio psicologico. Il tutto mentre Gesam Reti chiudeva il bilancio 2023 con oltre 2,7 milioni di utile e distribuiva un dividendo record di oltre 1 milione e 146 mila euro al Comune di Lucca. Sappiamo che questa vicenda ha profondamente colpito la cittadinanza e facciamo appello a voi per riportare l’attenzione sul caso. Abbiamo deciso di rompere il silenzio e non ci fermeremo finché giustizia non sarà fatta”.
“Abbiamo presentato opposizione alla richiesta di archiviazione – concludono Marta Franceschi e Aliki Pareti – e chiesto ulteriori indagini per portare la vicenda in sede processuale. Scriviamo questa lettera anche per informare la comunità sulle criticità della rete di distribuzione del gas nel nostro territorio e sull’atteggiamento di Gesam Reti nei confronti dei parenti delle vittime. Questa battaglia riguarda tutti: accettare passivamente ciò che è accaduto a noi significa accettare che possa accadere di nuovo ad altri”.