"Summer Festival" in rock. John Fogerty suona i Creedence e fa scatenare 7mila fan in piazza

Grande successo per l’artista californiano che da oltre cinquant’anni porta in giro per il mondo l’anima e l’essenza del rock e che in questo tour rievoca la presenza della sua prima band a Woodstock.

"Summer Festival" in rock. John Fogerty suona i Creedence e fa scatenare 7mila fan in piazza

"Summer Festival" in rock. John Fogerty suona i Creedence e fa scatenare 7mila fan in piazza

A parte la location nobile di piazza Napoleone, ieri sera si poteva essere anche a Woodstock, anno 1969. Perché al Summer, John Fogerty, con il “The celebration tour“ ha riportato in scena, davanti a 7mila persone, il mito dei Creedence Clearwater Revival, band che a cavallo degli anni ’60 e ’70, negli Usa era forse la più amata e nel resto del mondo evocava sapore hippy di “peace and love“. Eppure John e compagni erano “solo“ ragazzi che suonavano rock che più americano non poteva essere, con tutte le influenze possibili: r&b, soul, blues, country, California e Southern. In platea, seduti, ma anche in piedi, tanti capelli grigi e bianchi e camicie di jeans per “divisa“. Anche qualche giovane, che certamente ha studiato bene la materia e tanti stranieri, soprattutto americani, ovviamente.

I pezzi c’erano allora e ci sono, sorprendentemente, ma non troppo, anche adesso: “Bad moon rising“, “Born on the bayou“, “Who’ll stop the rain“, “Fortunate son“, “Have you ever seen the rain“, “Proud Mary“, tutti titoli “coverizzati“ da tutti i più grandi della musica che non sono invecchiati di un minuto.

Quasi interamente la scaletta è occupata dalla produzione Creedence, lasciando a quella solista di Fogerty solo alcune finestre, come “The old man down the road“ e “Rockin’ all over the world“, brano dalla storia strana, perché passato quasi inosservato nel mondo all’uscita nel 1975, fu poi riarrangiato e proposto un paio d’anni dopo dagli inglesi Status Quo, diventando una specie di inno del rock, cantato da tutti, ma proprio tutti, soprattutto dal vivo e scelto come “sigla“ di apertura anche dal “Live Aid“.

Ma lo show non è una operazione di revival, è semplicemente “il rock“. Fogerty canta e suona la chitarra ancora da par suo e tiene saldamente in mano lo spettacolo che è sì moderno, con tutto quello che deve avere un live show oggi, ma che nello stesso tempo, chiudendo gli occhi, ti riporta indietro a immagini di concerti sotto il sole, senza scenografia, senza fronzoli, dove contava solo la musica e lo stare insieme con tante speranze in testa e tanta fiducia nel futuro. Ci sono le chitarre, il basso, la batteria, l’organo Hammond e il sassofono, tutto quanto serve per ricreare “quel“ suono inconfondibile che già dalle prove pomeridiane aleggiava in area concerto e zone limitrofe.

Piccola curiosità: Fogerty è rimasto talmente impressionato dalla sua gigantografia incorniciata a Palazzo Ducale e con la quale la D’Alessandro e Galli omaggia i vari artisti ospiti al Summer, che avrebbe chiesto di poterla smontare e portare via con sé.

Paolo Ceragioli