
Trentacinque anni fa, il 23 gennaio del 1985, la Valle del Serchio viveva un momento in parte drammatico, in parte fondamentale per la Protezione civile e la prevenzione sismica. Lo ricorda il nostro collega, a lungo giornalista della Nazione, Paolo Mandoli. "Alle 20.15 di quel mercoledì Mario Pastore, all’epoca conduttore del Tg2 della Rai, lesse un comunicato appena predisposto dalla Protezione civile. Quelle parole rimasero nella storia: “La Protezione civile, a seguito delle informazioni pervenute dalla sezione sismica della Commissione grandi rischi del Dipartimento e dall’Istituto nazionale di geofisica, ha disposto lo stato di allerta per alcuni comuni della provincia di Lucca e Modena ove esiste la possibilità che si verifichi una scossa tellurica pericolosa entro 48 ore“. Quella sera - ricorda Mandoli - ero di turno a La Nazione. Il telefono venne sommerso da una raffica di chiamate. Ma come? Ci sarà un terremoto pericoloso? Sono passati 36 anni da quella data storica".
"Storica non per la capacità di prevedere i terremoti ma per quella di aver avviato un meccanismo virtuoso di prevenzione sismica. Tutto ruotò attorno all’unica scossa registrata alle 11.10 di quel 23 gennaio, un terremoto di magnitudo 4.2 che interessò la Garfagnana. Le strumentazioni sismiche erano limitate. La rete dell’allora Istituto nazionale di geofisica (Ing), aveva solo una quarantina di sensori che potevano registrare, solo la componente verticale dello spostamento. Guardando alla Garfagnana l’epicentro venne determinato a circa 8 km a nord di Bagni ma l’approssimazione era notevole. Si temeva che il movimento del 23 gennaio 1985 potesse essere un precursore di un altro terremoto più forte, entro due giorni: che poteva ripetersi quanto avvenuto nel 1920. Scattarono le comunicazioni in tutte le direzioni. Il professor Franco Barberi informò Enzo Boschi, presidente dell’Ing, e fu proprio Boschi ad essere convocato alla Camera dal ministro della protezione civile, Giuseppe Zamberletti. La domanda di Zamberletti fu diretta: “Può escludere una scossa più forte nel futuro immediato“? Nessuno poteva escluderla. Zamberletti fu categorico: “Preferisco i falsi allarmi alle tragedie“. Così si arrivò all’allarme in diretta. L’apparente svolta nella conoscenza sismica e anella capacità di previsione dei terremoti furono smentiti. Ancora oggi è impossibile prevedere un terremoto. Ma qualcosa di buono l’allarme del 1985 lo ha lasciato, innescando un processo nuovo: l’intervento di prevenzione che ha dato i suoi primi effetti a distanza di 28 anni, quando tra Garfagnana e Lunigiana – il 21 giugno 2013 – il terremoto è tornato a farsi sentire con magnitudo 5.1 come non si registrava, in quest’area, dal 1939. Lo si deve - conclude Mandoli - a quanto venne deciso all’indomani dell’allarme del 1985, prima con i 40 miliardi di lire destinati alla messa in sicurezza degli edifici pubblici strategici".