
Tragedia della Luminara A luglio ci sarà la sentenza
Sono passati quasi 6 anni quando Eugenio Viviani e Antonio Pellegrini morirono in via Veneto. Un dramma che scosse l’intera città e ancora oggi suscita commozione e momenti di raccoglimento, passato agli onori della cronaca come la “tragedia della Luminara“, per etichettare in realtà l’ennesima morte sul lavoro. I due operai persero la vita durante il montaggio delle luci in centro, in vista della festa lucchese che, inevitabilmente, da quel giorno è macchiata per sempre.
La gru che li sosteneva a dieci metri di altezza si schiantò all’improvviso per la rottura del braccio meccanico e per entrambi non ci fu niente da fare. Saranno passati quasi sei anni precisi, quando fra un mese e poco più il tribunale di Lucca si pronuncerà sui sette imputati per omicidio colposo. Si tratta di tre della ‘Oil & Steel’ di San Cesario Sul Panaro (Modena) dirigenti nel 2009, quando fu acquistata la gru; i responsabili all’epoca delle certificazioni della piattaforma e i responsabili della Art Campenter di Rocca San Casciano (FC) al momento dei fatti, che fornì il braccio meccanico alla Oil & Steel. Tre di loro hanno scelto il rito abbreviato, per gli altri quattro, invece, si è andati avanti sempre in udienza preliminare, con l’ultimo appuntamento di fronte al gup Antonia Aracri due giorni fa e la decisione di fissare la data della sentenza per tutti: il 21 luglio.
In questi lunghi anni, nelle aule di tribunale la battaglia è stata combattuta a colpi di perizie, com’era prevedibile. Nel frattempo il processo ha visto anche l’uscita di scena delle parti civili una volta risarcite del danno. La partita, quindi, si gioca sul filo delle consulenze tecniche sciorinate durante le tante udienze. A gennaio scorso, quando furono ascoltati i periti incaricati dal gup, due docenti dell’Università di Pisa esperti in metalli, dalle analisi fatte sul pezzo della gru rotto, effettuate con altri strumenti, emersero misurazioni diverse rispetto a quelle portate dai consulenti del pm. Al centro della discussione, ancora oggi, c’è la fragilità del braccio determinata da una saldatura che, secondo l’accusa, non solo era stata fatta male, ma non doveva neppure esserci: il calore avrebbe provocato un rimpicciolimento dello spessore della lamiera.
La riduzione, però, secondo i consulenti del gup sarebbe sensibilmente inferiore rispetto a quella riscontrata dall’accusa. Incoerenze tra le perizie ci sarebbero anche sulla ricostruzione dell’assemblaggio della gru e sulla datazione dei documenti della progettazione. Un processo lungo, complicato e tecnico, che vede la fine.
Teresa Scarcella