![Un lupo fotografato sui monti sibillini Un lupo fotografato sui monti sibillini](https://www.lanazione.it/image-service/view/acePublic/alias/contentid/MmRiNzM4NTEtZTkwMy00/0/uomini-e-lupi-la-convivenza-e-possibile-non-con-gli-abbattimenti.webp?f=16%3A9&q=1&w=1280)
Un lupo fotografato sui monti sibillini
Uomini e lupi, una convivenza possibile? È stata questa domanda – per molti ancora aperta – a essere al centro dell’incontro promosso dal Wwf Alta Toscana alla Pecora Nera di Lucca, in occasione del ‘Darwin day’. A ripercorrere le tappe evolutive di un rapporto lungo secoli sono stati i biologi Arianna Chines e Marco del Frate, curatore di molti progetti legati alla vita dell’animale all’interno del parco di San Rossore, introdotti dal consigliere di Sinistra Con Daniele Bianucci.
Un argomento di estrema attualità visto e considerato il crescente numero di segnalazioni, anche sul territorio provinciale, di lupi che si avvicinano ai centri abitati. Un fenomeno, questo, che se da un lato ha una spiegazione scientifica, dall’altro non lascia comunque indifferenti residenti e allevatori, che da tempo chiedono soluzioni definitive per scongiurare i danni da predazione del bestiame. Per far fronte a questi, la Regione Toscana dovrebbe destinare 5 milioni di euro agli allevatori, proprio per sostenerli nell’attivazione di misure preventive contro gli attacchi dei grandi carnivori. Azioni che, seppur mirate, non vanno a placare i timori di chi crede che la convivenza tra uomo e predatore, non sia oggi possibile. Non è così per Marco del Frate.
“Uomini e lupi hanno convissuto in passato, portando a quel processo di addomesticazione che oggi fa sì che teniamo cani nelle nostre case, pur provenendo dalla stessa razza – spiega – Come noi, anche loro, vivono in nuclei familiari, e questo fa sì che alcuni comportamenti siano simili ai nostri, pur con i dovuti accorgimenti. Padre e madre lupo si riproducono una volta l’anno, generando in media cinque cuccioli. Questi però, non rimangono nello stesso territorio, dove non possono quindi proliferare. Al contrario, quando raggiungono una certa età si spostano alla ricerca di un partner con cui insediarsi in un nuovo ambiente. È questo processo di ‘dispersione’, che ha un tasso di mortalità pari a circa l’80 per cento, che concorre a tenere saldo l’equilibrio naturale”.
Ma cosa fa saltare, oggi, questo bilanciamento? Secondo l’esperto, dopo il minimo storico toccato negli anni ’70, il progressivo abbandono rurale da parte dell’uomo e il proliferare della fauna (e quindi di prede), ha fatto sì che il lupo ricolonizzasse in pochi decenni tutto l’Appennino, fino a raggiungere anche aree collinari, pianeggianti e litoranee.
“Vale per l’uomo ma anche per l’animale: statisticamente più aumentano gli individui, più aumentano le probabilità che tra questi ci siano più soggetti ‘curiosi’, e quindi non spaventati dall’idea di avvicinarsi alle case, soprattutto in carenza di ‘prede’ nel proprio habitat – prosegue – Cinghiali e cervi, ad esempio, sono dei deterrenti naturali. Ogni predatore ha infatti un limite di cibo. Raggiunto quello, il lupo tenterà di accedere ad altri elementi: compito delle istituzioni e di ciascuno, dovrebbe essere quello di limitare l’accesso a queste risorse, prime su tutte il bestiame. Abbiamo visto in Svizzera come le campagne di abbattimento della specie non portino invece risultati: destabilizzare gli equilibri familiari del branco – uccidendo ad esempio l’animale più grosso, e quindi il ‘capofamiglia’ – fa sì che i cuccioli siano ‘sbandati’ e sviluppino comportamenti anomali e rischiosi anche per l’uomo”.
Cosa fare allora in caso di un incontro ravvicinato con l’animale? Cani al guinzaglio nelle aree a rischio, niente video né fughe. Se il lupo non si allontana da sé, battere le mani e alzare la voce.