Barga, morte di Ursula Turri: l’amico accusato di omicidio

Clamorosa svolta nelle indagini sul decesso della 49enne di Barga. Per la Procura non fu un malore: venne soffocata

Un'auto dei carabinieri. Nel riquadro Ursula Turri

Un'auto dei carabinieri. Nel riquadro Ursula Turri

Lucca, 13 luglio 2021 - Clamorosa svolta nell’inchiesta sulla morte di Ursula Turri, la 49enne che il 21 novembre 2019 fu trovata morta nel suo appartamento in via della Fontana a Barga. Sul momento sembrava un decesso dovuto a un malore, una tragica fatalità. Si ipotizzò anche un arresto cardiaco legato all’uso di sostanze stupefacenti. Invece no, nessuna traccia di droga e poi la svolta investigativa: omicidio.

Secondo le risultanze delle indagini che il pm Antonio Mariotti ha affidato ai carabinieri, Ursula sarebbe stata infatti uccisa, soffocata a morte nella sua abitazione, dove venne ritrovata il giorno successivo al decesso. Il magistrato ha chiuso l’inchiesta e si appresta a chiedere il rinvio a giudizio per omicidio volontario a carico di Fabio Picciolo, 57enne di Barga, amico ed ex compagno della vittima, ex impiegato del Comune.

La Procura ritiene che sia stato lui a uccidere la donna, che conosceva da molti anni e con la quale aveva avuto una relazione altalenante, interrotta e ripresa più volte. Il movente, la dinamica e i dettagli del delitto sono tutti da chiarire, in un processo penale che si preannuncia indiziario.

A carico di Fabio Picciolo non sono stati chiesti o emessi provvedimenti cautelari, anche perché a distanza di oltre un anno e mezzo dalla tragica fine di Ursula Turri non sussiste più il pericolo di fuga, né quello di reiterazione del reato o di inquinamento probatorio.

Alla base delle ipotesi accusatorie ci sarebbero le conclusioni dell’autopsia eseguita dal medico legale Stefano Pierotti e anche alcuni esami su campioni di Dna prelevati sulla vittima, oltre a tabulati telefonici e altri elementi che condurrebbero appunto a Fabio Picciolo, difeso dall’avvocato Riccardo Carloni. Indizi che dovranno superare ovviamente il vaglio del gup.

Picciolo, all’epoca impiegato dell’ufficio protocollo del comune di Barga, viene arrestato il giorno dopo l’omicidio, ma per tutt’altra accusa: detenzione a fini di spaccio di droga. I carabinieri di Barga e Castelnuovo durante una perquisizione gli trovano in casa 670 grammi di hashish suddivisa in panetti; 196 grammi di hashish in ovetti; due flaconi di metadone; due bilancine elettroniche di precisione e altro materiale. Per quella vicenda gli viene poi inflitta una condanna a 3 anni di reclusione che gli costa anche il posto di lavoro in Comune.

In realtà le due vicende sono in qualche modo collegate. Inizialmente gli inquirenti ipotizzano un decesso legato a una cessione di droga, poi però smentita dalle risultanze investigative. La donna, madre di due figli, viveva da sola in centro, in via della Fontana, e aveva rapporti stretti con Fabio Picciolo, sospettato di fornirle stupefacenti.

A scoprire il cadavere è un altro amico che da un giorno non riesce a contattarla in alcun modo e ha le chiavi di casa. Quando i carabinieri entrano nell’abitazione della donna scoprono che è morta da molte ore. La prima ipotesi è quella di un malore o un’overdose, ma il pm Antonio Mariotti vuole scavare a fondo e incarica il medico legale Stefano Pierotti di eseguire l’autopsia e gli esami tossicologici. Nel frattempo Fabio Picciolo finisce in carcere per gli stupefacenti scoperti in casa sua. Ma non è stata la droga a uccidere Ursula. L’autopsia indica infatti una morte per soffocamento da parte di qualcuno. E l’omicida, per la Procura, è proprio l’amico Fabio, anche se a Barga molti stentano a crederlo capace di un gesto del genere. Sarà il processo a dire cos’è davvero accaduto alla povera Ursula.

Paolo Pacini