REDAZIONE LUCCA

Cinque anni all'usuraio: braccò e minacciò il malato di gioco a cui prestava i soldi

Lucca, condannato un 34enne residente alle Tagliate

Tribunale (foto d'archivio)

Lucca, 5 ottobre 2019 - Lo braccava e minacciava. Arrivando anche a farsi consegnare la sua auto o a piazzarsi davanti cancello di casa dei suoi genitori. «Vostro figlio mi deve 20mila euro. Dove sta? Datemi il suo numero di telefono». E giù urli per terrorizzare la coppia. Ma il debito che il figlio 31enne di un noto professionista lucchese aveva nei confronti di Cosmin Butu, 34enne rumeno residente alle Tagliate, non era un ‘chiodo’ qualsiasi.

Ma un debito a strozzo del quale il giovane era diventato prigioniero a causa della ludopatia. Una storia di sofferenza psicologica che, ieri, si è conclusa con la condanna del rumeno a 5 anni di reclusione per usura e tentata estorsione di fronte al tribunale di Lucca riunito in seduta collegiale (Genovese, Dal Torrione, Fantechi). Per Butu il pm Pietro Capizzoto aveva chiesto 6 anni.

I fatti risalgono al 2015 quando il 31enne lucchese, nonostante un buon reddito infila nel tunnel della ludopatia. Finché lo stipendio non riesce più a coprire i ritmi delle perdite al tavolo da gioco online. E lì il giovane decide di chiedere un prestito. Per farlo, arriva fino al campo delle Tagliate dove incontra Cosmin Butu.

Dopo alcuni incontri, riesce a farsi prestare poco più di 3mila euro. Ma il tasso d’interesse è alle stelle. E lievita a suon di 1000 euro, in pratica, ogni 10 giorni. Passano le settimane e il lucchese, prova a star dietro agli interessi anche con l’aiuto dei genitori. A garanzia del debito, Butu chiede l’auto del giovane, una Seat nuova di zecca, comprata con i risparmi del nonno.

Il 31enne lentamente finisce nel pozzo della depressione. Ed è costretto a consegnare un’altra auto a Butu per sdebitarsi. Il giovane comincia anche a manifestare intenti suicidi. Per poi crollare quando la cifra dovuta sfiora quota 20mila euro. Nel frattempo sul suo cellulare arrivano minacce più o meno velate. Tutti i messaggi chiedono la restituzione dei soldi. La compagna del 31enne a quel punto va dai carabinieri e denuncia tutto.

La versione del rumeno: «Quell’auto mi è stata venduta da lui e la denuncia è stata fatta pur di non consegnarmela». Ma la storia non convince i giudici. In aula sono arrivate anche le drammatiche testimonianze della famiglia del 31enne. Come l’incontro choc del rumeno con i genitori della vittima. Butu invece è stato assolto per un episodio di estorsione consumata ai danni di un connazionale.