LUCA VAGNETTI
Cronaca

Il nuovo vescovo Giulietti: "Farò il turista: voglio conoscere queste terre"

Monsignor Giulietti si racconta, in esclusiva, a La Nazione. "Subito in giro per la diocesi. Puccini è una mia grande passione"

Monsignor Paolo Giulietti

Lucca, 27 marzo 2019 - L’ordinazione sacerdotale a inizio anni ‘90, gli incarichi all’interno della struttura ecclesiale con un’importanza via via crescente, fino alla nomina a vescovo ausiliare di Perugia nel 2014 e quella recentissima ad arcivescovo di Lucca e buona parte della Versilia, ufficializzata da Papa Francesco il 19 gennaio. Del «curriculum» di monsignor Paolo Giulietti, che il 12 maggio raccoglierà l’eredità di monsignor Italo Castellani, si sa tutto o quasi. Poco o niente, invece, i fedeli sanno dell’uomo Paolo. Dove è cresciuto, quali erano le sue passioni, i suoi sogni. Monsignor Giulietti si racconta, in esclusiva, a La Nazione. «Sono nato in centro e fino a sette anni ho abitato nel cuore della parte storica di Perugia, entro le mura. Poi la mia famiglia si è trasferita nella zona della stazione, ma ho continuato a frequentare le scuole del centro, fino al liceo classico. Nel frattempo presi a seguire le attività della parrocchia di Case Bruciate, nella prima periferia. Ricordo i campeggi, il coro, il primo oratorio. Adolescente normale, come tanti. Poi sport: pallavolo, atletica e nuoto, fino a che mi sono iscritto all’Università. Due anni di architettura a Firenze, che ho lasciato nell’85 per entrare in seminario ad Assisi».

Che bimbo era “Paolino”, come veniva affettuosamente chiamato?

«Tranquillo, senza scossoni familiari o personali. Ho due fratelli più piccoli e sono sempre stato contornato da tanti amici. Nella Perugia di allora c’era un grande senso di sicurezza sociale, avevamo tanta libertà in più rispetto ai giovani di oggi, e soprattutto avevamo la fiducia degli adulti. A casa non stavo molto ma mi è sempre piaciuto dedicare tempo alla lettura e alla musica».

Musicista e scrittore preferiti?

«Mi piace la musica di ogni genere, ma conosco a memoria la Turandot di Puccini, lucchese illustre. Adoro Bach e Lucio Dalla. Anche in letteratura spazio tra tutti i generi, apprezzo molto Camilleri. E per alleggerire la tensione guardo su YouTube i video dei comici, Crozza su tutti. Non ho una pagina Facebook né Instagram, uso solo WhatsApp».

Quando avvertì la chiamata e si rese conto che il futuro sarebbe stato nella chiesa?

«A 17 anni, nell’ambito parrocchiale, diventai educatore dei più piccoli. Verso la fine degli anni ‘70 in tutta Perugia e nella parrocchia di Case Bruciate in particolare, c’era grande fermento religioso; tre ragazzi di quella zona, tra cui io, decisero di diventare preti. Fu una scelta maturata piano piano, non la classica folgorazione mistica. Dentro di me sentivo che quella sarebbe stata la mia strada e soprattutto sentivo di volermi impegnare per i giovani a cui ho dedicato i primi 15 anni della mia vita presbiteriale. Da piccolo, comunque, tutto volevo fare tranne che il sacerdote».

Cos’è la fede per lei?

«È la certezza che c’è una presenza buona sopra di noi, una prospettiva su cui vale la pena di orientare le nostre azioni».

La prima cosa che ha pensò quando le comunicarono il trasferimento a Lucca?

«Ci ero stato da pellegrino, quindi un po’ la conoscevo. Il primo pensiero è andato alla via Francigena, poi alla bellezza della città, alla sua storia, alle specificità di territori di cui sapevo poco, come la Versilia e la Garfagnana».

Il vescovo Giulietti, che ama camminare, farà davvero l’ingresso solenne in città arrivando a piedi?

«L’idea è quella. La sera prima della cerimonia mi fermerò a dormire ad Altopascio, la mattina seguente partirò in cammino fino a Capannori, lì vorrei congiungermi coi ragazzi della diocesi per arrivare in Cattedrale come se fosse un piccolo pellegrinaggio. Siamo tutti in cammino, anche il vescovo, e anche il vescovo è un pellegrino che chiede ospitalità alla città, con umiltà e semplicità».

Ha immaginato da dove inizierà il suo ministero?

«Da...una vacanza. I primi mesi li passerò in giro per la diocesi, proprio per conoscerla meglio. A settembre-ottobre mi dedicherò più da vicino a capire come è organizzata l’attività pastorale. In questo primo anno vorrei ascoltare e guardare, poi vedremo. Di tempo ne ho: storicamente i vescovi a Lucca sono rimasti in carica fino alla pensione. Ciò significa che starò da voi una ventina di anni».