Lucca, 11 ottobre 2023 – È sempre difficile confessare uno stato d’animo pubblicamente. A maggior ragione l’angoscia o la paura. Eppure Maria Savigni, 28 anni, non ha fatto una piega e l’ha scritto a chiare lettere: “Sì, ve lo dico: muoio di paura, io che ho sempre speso ogni centesimo per viaggiare in solitaria, io che mi sono sempre sentita così donna di mondo”.
Paura. Più che legittima, più che giustificabile. Eccome! L’onestà intellettuale di Maria è stata dapprima ospitata sul suo profilo Facebook a cui poi si è aggiunto il racconto che lei stessa ha fatto a La Nazione. Maria, nel momento in cui ieri l’abbiamo raggiunta telefonicamente, era in Israele, a Tel Aviv, in attesa di imbarcarsi su un volo che potesse riportarla quantomeno in Europa. Lucchese, ma che lavora nel settore legale a Livorno, scrive anche per una testata online, di Europa orientale, dove si occupa di cultura ebraica.
Maria, perché ti trovavi a Gerusalemme?
«Ero andata a trovare una mia carissima amica e non so cosa avrei fatto se non ci fosse stata questa persona al mio fianco; un po’ come fosse la mia zia ebrea. Volevo andarla a trovare in occasione della festività di Sukkoth che inizia il 29 settembre, giorno in cui sono arrivata. (Sukkoth in ebraico significa “capanne” e sono appunto le capanne a caratterizzare questa festa gioiosa che ricorda la permanenza degli ebrei nel deserto dopo la liberazione dalla schiavitù dall’Egitto, sito Ucei). Ci sono tante altre persone che conosco perché magari sono andate a vivere in Israele. Insomma, volevo andare a trovare un po’ tutti».
E invece?
«Non sono riuscita a fare niente. Pensi che il mio amico più caro che non vedo dal tempo della pandemia non l’ho nemmeno incontrato, perché nel periodo della festa anche i trasporti erano molto affollati e poi, l’ultimo giorno c’è stato tutto questo».
Torniamo dunque proprio a quanto accaduto. Dove ti trovavi?
«Sabato ero a casa, a dormire. Poi mi sono svegliata e stavo pensando che bisognava andare in Sinagoga. E poi guarda, stavo pensando anche ad una cosa a cui, se ci ripenso ora, è il pensiero più stupido della storia dell’umanità!».
Cioè?
«Quale vestito sarebbe stato più adeguato».
E poi?
«E’ arrivato il figlio della mia amica e mi ha detto “entra subito nel rifugio“, dove sono andata. Abbiamo visto i razzi».
Sei riuscita in qualche modo a parlare con la tua famiglia?
«Ho contattato i miei genitori a casa. Per fortuna hanno visto poco le notizie perché nel week-end erano entrambi fuori, in luoghi dove prendeva poco il telefono, dunque se la sono vissuta nell’inconsapevolezza totale. E meno male! Ovviamente in molti hanno saputo ciò che accadeva e quindi ho sentito tutti in Italia. Ho anche fatto storie su Instagram per aggiornare, perché tutti hanno provato ad aiutarmi, erano molto preoccupati».
Hai ammesso, con onestà intellettuale, di aver avuto paura. Ed è giusto, non c’è niente di cui vergognarsi. Anzi.
«Ho avuto un momento di esaurimento nervoso; stanotte (lunedì, ndr) non ho dormito, ho pianto tutto il tempo cercando di capire come poter rientrare in qualche maniera. I razzi sono esplosi accanto all’aeroporto, ne sono esplosi parecchi, a me è successo anche quando ero al supermercato una volta che sono andata a trovare una ragazza che avevo conosciuto su una piattaforma di donne che viaggiano da sole e che mi ha offerto ospitalità. C’è stato un altro attacco missilistico, la terra ha tremato anche un po’. Erano all’incirca le 5.49 e non ho chiuso occhio. Ero bloccata a Gerusalemme come un topo braccato».
Missili hai detto. Un’esperienza davvero pesante...
«Sì, i missili sono stati un’esperienza davvero pesante; non credevo. Anche trovarsi in un rifugio con sconosciuti, sono cose che turbano veramente nel profondo. Il senso è il terrore, è un’esperienza che sicuramente mi ha segnata tanto e ho avuto paura di restare bloccata qui. Come ho anche scritto, cadevano missili come pioggia e anche nel cuore della notte il cielo non si è placato un secondo, scosso da aerei e droni».
A cosa pensavi?
«Che volevo solo trovarmi nel mio letto in Italia. Uno dei missili ha scosso leggermente le pareti della casa di questa persona, Chava, come un terremoto piccolo, di quelli che a scuola ti costringevano a metterti sotto il banco, ma non capivi il motivo».
E adesso?
«Sto meglio. Sono in fila per un volo che per ora sembra confermato. Ora sto bene. Se non avessi avuto persone a me vicino non so come sarebbe stato il mio stato mentale».
Pensi che questa esperienza ti abbia, come dire, cambiata?
«Purtroppo io non credo che sarò più la persona che ero prima del 7 ottobre 2023. Guarda, tra l’altro da poco ho appena visto in aeroporto una mia amica che era al sud e non sapevo fosse israeliana: aveva visto i suoi amici morire sotto i suoi occhi...».