REDAZIONE LUCCA

'Da donna a donna', Katia Ricciarelli a LuccAutori

La diva dei grandi teatri sarà a Palazzo Bernardini per presentare il suo libro

Katia Ricciarelli a LuccAutori (Olycom)

Lucca, 8 ottobre 2015 - Un ritratto a viso aperto, per raccontare la vita intensa di una, dieci Katia Ricciarelli. Si intitola “Da donna a donna” (ed. Piemme) ed è un’autobiografia ripercorsa attraverso i profili di dieci grandi figure femminili che hanno fatto la storia dell’opera lirica e che la stessa diva dei grandi teatri ha interpretato durante la sua carriera. Sarà la grande artista ad essere protagonista stasera (ore 19) a Palazzo Bernardini per la rassegna LuccAutori.

In quale dei dieci personaggi s’identifica di più? Difficile dirlo, anche perché sono tutte eroine che muoiono per amore. Di certo posso dire quella che mi piace meno: Mimì nella Bohème. Troppo sdolcinata, troppo affaccendata in continue manfrine. Tutto il contrario, cioè, di come sono io.

Lei è una persona molto autoironica. Quanto questo suo aspetto caratteriale la aiuta a vivere serenamente l’esposizione mediatica? Molto. Ma quando sposai Pippo (Baudo, ndr), capii subito a cosa sarei andata incontro e mi abituai. Perché ognuno, del resto, fa il proprio lavoro.

Ci sono delle critiche che l’hanno ferita in particolar modo? Ho avuto un’unica contestazione, alla Scala. Ma si trattò sicuramente di critiche pilotate.

Da qualche tempo si è anche buttata nella fiction e nel cinema… L’intelligenza di chi fa l’artista sta nel capire che arriva un momento nella vita in cui si deve cambiare. Chi fa il mio lavoro non può cantare fino a 70 anni pensando di essere come quando ne aveva 30. Così, non appena mi sono accorta che era il momento di fare altro, l’ho fatto. Non faccio più opera perché non sopporto che si possa confrontare una prestazione di oggi con una di decenni fa.

Qual è lo stato di salute dell’opera lirica? ​Da quando canto ho sempre sentito dire che l’opera è vecchia, che è in crisi, che soffre di un calo di apprezzamenti. Certo, un rinnovamento servirebbe. Ma il melodramma è così, è pieno di incoerenze, ha tanti pregi e altrettanti difetti. Lo ami, oppure lo odi e lo deridi e dici che è uno spettacolo vecchio. Ma è un nostro patrimonio ed è così che deve essere, così com’è da duecento anni a questa parte. I giovani possono anche sorriderne. Sta a noi far capire loro quanto è bello. Tant’è vero che chi si avvicina oggi a questo mondo se ne innamora e non lo lascia. Non ci credo più a chi dice che l’opera è in crisi. In crisi siamo noi, sì, ma per ben altri motivi.

linda meoni