Lucca, 6 febbraio 2025 – La scure dell’amministrazione americana guidata da Donald Trump, potrebbe indurre in fibrillazione anche il mercato economico che vede la Lucchesia esposta in primo piano. Si chiamano dazi e anche se la situazione è da considerarsi fluida per il mutare delle condizioni imposte dal tycoon, le preoccupazioni a livello europeo, italiano e lucchese rimangono. Di equilibri e soprattutto della dinamica della politica del neo eletto presidente americano, ne parliamo con Armando Rungi, professore ordinario di economia internazionale alla scuola Imt Alti Studi di Lucca.
“Nel volgere di poche ore – afferma il docente universitario – le condizioni imposte da Trump al Messico, per esempio, stanno cambiando; c’è da dire che già in passato il presidente americano aveva imposto i dazi ma occorre osservare come questi fossero non soltanto diversi ma soprattutto minori: pensiamo per esempio all’ambito siderurgico per colpire Cina e Ue”.
Con il secondo mandato di Trump, però, la pressione è stata esacerbata. “Questa volta – prosegue Rungi – il carico è massivo, assistiamo a propositi che parlano del +25%, oltre ovviamente a ciò che è già in essere: diciamo siamo di fronte a una strategia utile alla logica della trattativa commerciale, già nota appunto, ma non dobbiamo dimenticare che si ripercuote sulle imprese e sui consumatori”.
Il professor Rungi legge questa strategia suddividendola in due livelli: “Il primo – spiega l’economista – è di carattere commerciale, pensa cioè che l’introduzione dei dazi favorisca i produttori Usa; il secondo è prettamente di pianificazione politica ma che, a mio avviso, produce incertezza nella produzione: lo abbiamo già visto in passato a livello internazionale con le guerre commerciali con la Cina”.
La lucchesia, forte nel settore cartario con il suo distretto e con multinazionali presenti anche negli Usa, è molto attenta a queste dinamiche. Ancora Rungi: “L’Italia è una delle potenze del manifatturiero e quello che non tranquillizza i mercati, è che non conosciamo ancora la lista dei prodotti che saranno inseriti, magari con alcuni più colpiti di altri; di sicuro – prosegue il docente – sappiamo che i due settori a essere presi di mira sono l’automotive e l’agrifood: anche in questo caso, alle nostre latitudini cresce apprensione perché ci aspettiamo tariffe maggiori per questi settori”.
Considerando che gli Usa sono per noi il primo partner commerciale, non rassicura. “Teniamo conto – precisa Rungi – che esistono filiere a monte, pensiamo a quello del legname in Canada e quindi tutto ciò che ne scaturisce nell’ambito della carta; assisteremo, in questo clima fluido, ad attingere prodotti in ambito asiatico dove, fino a oggi, non ci eravamo rivolti: parliamo di Vietnam, dell’area intorno alla Cina, dell’Indonesia”. Trump ragiona “come se i prodotti avessero compartimenti stagni” - termina Rungi – “ma i dazi si trasmettono anche ai Paesi che non sembrano collegati”.