Ciclismo - Il progetto per Segromigno. Dagnoni "benedice" il velodromo di Fanini

Il presidente della Federazione: "Sarebbe perfetto non solo per la Lucchesia e la Toscana, ma anche per tutta l’Italia centrale"

Ciclismo - Il progetto per Segromigno. Dagnoni "benedice" il velodromo di Fanini

Da sinistra: Marco Villa (ct azzurro della pista), Ivano Fanini e Cordiano Dagnoni

Tra i 25 e i 35 milioni di euro come costi, prevedendo negozi ed attività commerciali per garantirne la sostenibilità economica. Il velodromo coperto che potrebbe essere realizzato su terreni privati a Segromigno, circa 20mila metri quadrati, messi a disposizione da Ivano Fanini, patron più longevo e più vincente delle due ruote a pedali, avrebbe questi oneri. Lo dichiara Cordiano Dagnoni, ex ciclista e presidente della Federazione italiana ciclismo (Fci) che abbiamo raggiunto telefonicamente in Belgio, dove si trova a seguire i campionati europei che hanno portato già due medaglie d’oro.

Come giudica, Dagnoni, la proposta di Ivano Fanini su un nuovo impianto in Lucchesia?

"Sarebbe perfetto, fondamentale non solo per Lucca e per la Toscana, ma anche per il Centro Italia, perché simili strutture, purtroppo, sono rare. Tenete presente che le piste scoperte in Italia sono 28, ma solo una, quella di Montichiari, indoor e una seconda, a Spresiano, Treviso, potrebbe essere pronta a medio termine. Quindi, se venisse costruito anche a Lucca, il velodromo avrebbe un ruolo strategico per il Centro Italia".

Questo tipo di impianti dovrebbero coniugare l’attività sportiva con il business, nel senso di contenere anche attività commerciali e negozi?

"Assolutamente sì, non si può più prescindere da questo. Sapete come la pensano negli Stati Uniti, dove questa cultura è nata? “Head account”, le teste dei presenti che si contano. Devono poter venire anche le mamme che, mentre i figli si allenano in pista in bici, vanno dal parrucchiere oppure dall’estetista; o il padre che aspetta i suoi pargoli sorseggiando un aperitivo al bar. Il futuro dell’impiantistica è questo".

Il velodromo può diventare anche un luogo sicuro per fare ciclismo e, quindi, rimediare ad una specie di "crisi delle vocazioni", con i genitori preoccupati di spedire i figli sulle strade ad allenarsi e che preferiscono altre discipline?

"E’ proprio così. I velodromi, a quel punto, diventerebbero come una palestra o la piscina: si fa sport in assoluta sicurezza. Ad oggi la metà dei tesserati che abbiamo è nel settore fuori strada, mountain bike ed altro, perché si ritiene più sicuro gareggiare nei prati o nei boschi che nelle strade. Ovviamente il pericolo c’è anche nel bosco, ma la percezione è questa".

Se fossero trovate le risorse, magari con il PNRR, quali sarebbero i tempi di realizzazione a Segromigno?

"Reperire finanziamenti non sarà facile. Poi servono adeguamenti urbanistici. Ma, nel momento in cui parte il cantiere e le ruspe entrano in campo, serviranno almeno due anni".

Massimo Stefanini

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