
Il revisore della Lucchese, dottor Liban Varetti, nel caso in cui le assemblee di Sanbabila e del club andassero deserte, potrebbe optare per la «negoziazione»
Il tempo scorre lento, ma inesorabile. Oggi, secondo il cronoprogramma annunciato alcune settimane fa dal presidente dimissionario Giuseppe Longo, dovrebbe svolgersi l’assemblea della Sanbabila, chiamata a nominare un nuovo amministratore; mentre domani dovrebbe svolgersi la seconda assemblea della Lucchese, dopo che la prima è andata deserta lo scorso 25 febbraio. La domanda è sempre la solita: se nessuno risponderà di nuovo all’appello, né Longo, né Sampietro, cosa farà il sindaco revisore della Lucchese dottor Liban Varetti?
Varetti, in quel caso ipotizzato, potrebbe procedere in autonomia e richiedere lui stesso la composizione negoziata alla Camera di commercio, tesa a trovare una soluzione alla conclamata crisi societaria rossonera, attraverso una complessa procedura di tentativo di risanamento mediante un esperto indipendente.
Ma la verità è una sola: sono i numeri a spaventare eventuali nuovi acquirenti. E i numeri sono impietosi e dicono che, per arrivare alla fine della stagione, per rilevare la Lucchese, servirebbero all’incirca dai 3 a 4 milioni di euro, mettendo nella cifra: 8 mesi di stipendi e contributi, più oneri fiscali, spese di gestione, debiti nei confronti dei fornitori. Stando, così le cose, è ovvio che la Lucchese non può essere acquistata dal primo che passa, anche se, fino ad oggi, chi è subentrato al gruppo Bulgarella non ha messo sul piatto nemmeno un euro. E pensare che, non più tardi di qualche mese fa (era il 28 novembre 2024), l’allora "ad" Lo Faso, nel presentare il nuovo direttore generale nella persona di Luigi Conte, disse in modo solenne che "Fino a quando non troveremo un interlocutore serio ed affidabile, continueremo nel nostro impegno alla guida della Lucchese". Poi sappiamo come sono andate, invece, le cose, con l’avvento della Sanbabila prima e della Slt dopo.
Comunque l’ora "X" sta, ormai, per scadere. Tra oggi e domani sapremo se a Lucca potremo continuare a parlare di calcio professionistico oppure se dovremo cominciare seriamente a pensare al peggio, cioè alla ripartenza dall’Eccellenza, come successe nel 2011, nel caso del quarto fallimento. La speranza è, ovviamente, quella che esista un gruppo di imprenditori disposto ad investire in una società che, un tempo, quello di Grassi e Maestrelli tanto per essere chiari, era portata come esempio virtuoso di serietà e solidità finanziaria, di sana gestione e grande organizzazione, in tutta Italia. Appeal che, progressivamente, è andato scemando, se è vero che nuovi investitori, anche stranieri, hanno preferito altre "piazze" anche a noi vicine.
In tutti questi mesi non abbiamo fatto altro che dare credito alle voci in base alle quali "cordate" – prima australiane, poi ternane, infine romane – fossero interessate a rilevare la Lucchese. Che fine hanno fatto, al momento, è sotto gli occhi di tutti. E’ ovvio che la "mazzata" della penalizzazione, grazie al fatto che chi di dovere si è guardato bene dal fare fronte agli impegni, può oggettivamente aver raffreddato eventuali entusiasmi, perché è stata messa a rischio la categoria. Categoria che la squadra, lasciata da tempo abbandonata a se stessa, cercherà di difendere fino alla fine, mettendo in campo professionalità e appartenenza alla maglia, come ha fatto anche contro la capolista, meritando gli applausi da parte dei fedelissimi.
Infine il giudice sportivo: multa di 500 euro al club per insulti al quarto ufficiale di gara e un turno di squalifica ad Antoni che era in diffida.
Emiliano Pellegrini
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