MICHELA CARLOTTI
Cronaca

Allarme peste suina africana: "Imposti ’paletti’ inefficaci così il virus si è diffuso"

I cacciatori: "Le ordinanze hanno contribuito all’espansione della malattia". Polemiche sugli adeguamenti imposti: "Costi elevati, ma rimborsi insufficienti" .

In condizioni di attività venatoria. normale ci sarebbero circa 1500 cinghiali in meno in alta Lunigiana

In condizioni di attività venatoria. normale ci sarebbero circa 1500 cinghiali in meno in alta Lunigiana

Il 31 gennaio chiuderà la stagione della caccia al cinghiale, come stabilito dal calendario venatorio di Regione Toscana che prevede un arco temporale di quattro mesi a partire dal 2 ottobre. Ma, a suon di ordinanze per il controllo e l’eradicazione della peste suina africana (Psa), in Alta Lunigiana i cacciatori hanno braccato ben poco. "Le ordinanze che dovevano impedire al virus di propagarsi, a parere nostro hanno invece contribuito in modo decisivo all’espandersi della malattia e al popolamento incontrollato della specie cinghiale": sono furiosi i capisquadra di caccia del Distretto 9 di Mulazzo ricompreso nell’ambito territoriale di caccia Atc Ms13. I capicaccia ripercorrono le tappe di una questione che a livello locale tiene banco dal febbraio del 2024, quando furono registrati casi di Psa nel parmigiano al confine con il Comune di Zeri. "A distanza di pochi mesi, ad agosto abbiamo avuto i primi casi in Lunigiana entro il perimetro dello zerasco ed oggi la malattia è arrivata a Guinadi nel pontremolese". A quanto pare 8 carcasse di cinghiale delle 12 rinvenute in questi giorni a Guinadi sarebbero infette. Una vicenda che ha riacceso gli animi dei cacciatori.

Le restrizioni scattate a fine estate avevano coinvolto diversi comuni lunigianesi: misure straordinarie per il contenimento del virus, almeno nelle intenzioni dei due Commissari che in un anno si sono avvicendati alla guida della governance anti-psa. Misure inefficaci, invece, a giudizio dei capisquadra: "Se ci avessero consentito di cacciare, oggi non ci ritroveremo con i cinghiali alle porte di casa. La situazione è ormai fuori controllo e ne usciremo soltanto con l’indebolimento naturale del virus". Secondo loro stime riferite agli abbattimenti normalmente effettuati con la caccia in braccata tra i comuni di Mulazzo, Villafranca, Zeri, Pontremoli, Filattiera, Bagnone, in condizioni normali oggi ci sarebbero circa 1500 cinghiali in meno in alta Lunigiana. "In previsione, con le innumerevoli femmine oggi gravide ci sarà un’ulteriore sovrannumero di ungulati nei prossimi mesi".

Polemiche anche sulla gestione delle risorse: "Siamo stati obbligati a sostenere costi importanti per adeguare le case di caccia alle norme di biosicurezza. Per non parlare delle tasse governative e regionali di caccia che abbiamo continuato a pagare. Unico rimborso ricevuto è quello di Atc: circa 500 euro a squadra a fronte degli oltre 5 mila sostenuti. Nel contempo, il governo ha speso risorse per recinzioni autostradali rivelatesi inefficaci e per affidare la missione di caccia ai militari mandati da Taranto".

E la chiosa finale è per i politici locali: "Con poche eccezioni, nessuno ha sostenuto la nostra causa. Le elezioni regionali sono imminenti e ce ne ricorderemo".

Michela Carlotti