Cristina Lorenzi
Cronaca

Allarme veleni, discariche ovunque. La “bomba” della Fornace Saudino

Un convegno sulla Farmoplant riporta alla luce il modo di lavorare e scaricare le sostanze inquinanti

Il canale del Lavello, da sempre utilizzato dalle aziende chimiche della zona industriale, come discarica di sostanze inquinanti e altamente pericolose per la salute e per l’ambiente

Il canale del Lavello, da sempre utilizzato dalle aziende chimiche della zona industriale, come discarica di sostanze inquinanti e altamente pericolose per la salute e per l’ambiente

Carrara, 22 giugno 2024 – “Farmoplant, un crimine di pace”. Una storia ancora attuale che non smette di inquietare. La rassegna “Rare” sulle resistenze, organizzata da Spazio Alberica ha aperto con una mostra sulla fabbrica dei veleni e con un dibattito dove Marcello Palagi, ambientalista, già direttore di Ecoapuano, da sempre in prima linea sulla difesa del territorio, ha puntato l’indice sui crimini ambientali ancora adesso irrisolti.

Nel corso del dibattito, in cui sono intervenuti anche la consigliera Maria Mattei e l’ambientalista Clara Gonnelli, Palagi ha denunciato la presenza di una discarica di sostanze altamente inquinanti ancora attiva nei pressi dell’Aurelia, in una zona ancora da bonificare. Non solo, a supporto di quanto denunciato ha riferito di un’intervista del 1989 a un autotrasportatore che raccontò allo stesso Palagi come avveniva il lavoro dei camionisti che operavano nella zona industriale, l’alto numero di morti fra i colleghi e il trattamento di sostanze altamente inquinanti e pericolose, maneggiate, come era in uso in quegli anni, senza alcuna precauzione.

Durante la serata una drammatizzazione sullo scritto dello stesso Palagi che ha riferito botta e risposta dell’intervista fatta a suo tempo all’autotrasportatore. Un dialogo in cui il camionista raccontò di aver lavorato dagli inizi degli anni ‘6O in poi, con una ditta di servizi, di spurghi, di pulizie, all’interno di molte fabbriche chimiche e non della zona industriale. Ne viene fuori la totale mancanza di rispetto e sensibilità nei confronti della sicurezza dei lavoratori e dell’ambiente.

"Rifiuti chimici – raccontò il camionista – che venivano eliminati con botti, prese e scaricate nel Lavello oppure con camion che venivano scaricati alla fornace di Baudone dov’era una discarica". In sostanza una voragine di 5 o 6 metri di profondità che raccoglieva, secondo le cronache del tempo, "fanghi della produzione, melme di sale che venivano caricate con le autobotti e scaricate nel Lavello. Non c’era mica nessuno che tutelasse l’ambiente".

Un’intervista choc, dopo la quale Palagi fece denuncia ai carabinieri, che seppure ad anni di distanza, fa capire ancora adesso e adesso più che mai l’importanza della bonifiche per un territorio in cui i veleni sono stati sversati per anni senza alcuna tutela né per i lavoratori né per i cittadini né per l’ambiente. Ancora l’autotrasportatore, nell’intervista a Palagi, parla della totale mancanza di autorizzazioni e di controlli, per cui si poteva tranquillamente scaricare ogni residuo di lavorazione in terreni o canali. "Per quanto riguarda la a Cokapuania, la maggioranza dei loro rifiuti andavano scaricati nell’interno dei muri di cinta, dove c’erano dei canali che portavano sul Lavello. Roba liquida – spiega – che provocava danni anche immediati alla pelle con crepe e lesioni. Nessuno ci avvisava del pericolo né di che materiali si fosse trattato".

Anche sulla Montedison, poi diventata Farmoplant l’autotrasportatore parla di un materiale bianco che sembrava calce, che ebbe – è il resoconto empirico del lavoratore – effetti collaterali gravissimi su chi la trattava che andavano dall’impotenza ai tumori. "Ricordo un tubo che dalla Montedison finiva nel Lavello e da qui in mare". Racconti choc che non fanno che suffragare l’alto numero di morti e l’alto numero di tumori che si registrano in questa zona che ancora adesso a distanza di decenni non riesce ad attuare una politica di bonifiche che risolva l’intera questione.