Assolto l’armatore Enrico Bogazzi. Cade l’accusa di ricettazione e di bancarotta fraudolenta

L’imprenditore era accusato d’aver distratto beni della Pietre Srl contribuendo al suo fallimento. Per i giudici il fatto non sussiste: lecita la vendita dei blocchi di marmo. La Procura aveva chiesto 2 anni.

Assolto l’armatore Enrico Bogazzi. Cade l’accusa di ricettazione e di bancarotta fraudolenta

Assolto l’armatore Enrico Bogazzi. Cade l’accusa di ricettazione e di bancarotta fraudolenta

di Alfredo Marchetti

Bancarotta fraudolenta e ricettazione: assolto l’imprenditore Enrico Bogazzi. Il Gup Dario Berrino ha accolto la tesi avanzata dalla difesa del di Bogazzi e lo assolto da tutti i reati lui ascritti perché il fatto non sussiste. L’armatore era imputato dei reati di bancarotta fraudolenta, ricettazione prefallimentare ed insinuazione al passivo per crediti simulati. Secondo il pm Marco Mansi, l’amministratore delegato della Vittorio Bogazzi Spa e di Navalmar Uk, nell’aprile del 2015 avrebbe venduto 45 blocchi di proprietà di Pietre Extra srl (della quale era socio di maggioranza) per recuperare il costo del deposito degli stessi (rimasto da tempo insoluto), per poi insinuarsi nella procedura fallimentare di Pietre Srl (fallita a maggio del 2019) per ottenere la differenza tra il credito vantato e la somma recuperata dalla vendita dei blocchi.

Secondo l’accusa Bogazzi avrebbe dolosamente distratto beni dal patrimonio della fallita, contribuendo alla bancarotta ed al contempo arricchendosi ingiustamente insinuandosi successivamente nel fallimento. L’imprenditore, difeso dalla legale Erica Bertola, ha scelto il rito abbreviato, segnalando in primis il fatto che lo stesso, nell’ambito di Pietre Srl, ricopriva la carica di socio non amministratore e che, pertanto, non poteva essere chiamato a rispondere del reato di bancarotta.

La difesa ha dimostrato poi di aver proceduto alla vendita incriminata in maniera legittima, azionando la clausola “Security and lien” che in ambito portuale autorizza il vettore a porre in vendita le merci movimentate per conto del committente moroso ed a trattenere dal relativo ricavato la somma corrispondente al proprio credito. Oltretutto di detta vendita era stata notiziata per iscritto anche Pietre Srl, la quale decidette di non opporvisi. "Nell’ambito dello stesso procedimento penale Mario Cagnoni, amministratore unico di Pietre – scrive la difesa –, è stato chiamato a rispondere di bancarotta semplice per non aver tenuto regolarmente le scritture contabili ed aver al contempo tentato di nascondere il dissesto della società: non si comprende come potesse essere addebitato a Bogazzi il fatto di aver agito nella dolosa consapevolezza del dissesto economico di Pietre, tra l’altro fallita ben 4anni dopo rispetto alla vendita di cui all’imputazione. In relazione poi all’insinuazione al fallimento di Pietre, la difesa ha fatto presente come sia il curatore fallimentare che il giudice delegato Pellegri avessero già provveduto ad accertare l’esigibilità del credito contestato dalla Procura".

In sede di discussione il pm aveva chiesto la condanna a 3 anni di reclusione, ridotta a 2 per la scelta del rito e ha concordato in patteggiamento 7 mesi di reclusione per l’imputato Cagnoni.