
Enkel Kallushi, cardio chiururgo Opa (Nizza)
Massa, 21 agosto 2021 - Umiltà e dolcezza sono le prime caratteristiche che appaiono a chi parla con Enkel Kallushi, fra i cardiochirurghi più apprezzati e prolifici dell’Opa, l'ospdale del cuore "Gaetano Pasquinucci". I veri grandi, del resto, non amano vantarsi dei loro successi. E infatti a questo dottore calmo e sorridente la lista dei meriti va strappata con un po’ di insistenza. Una carriera brillante costruita con determinazione in un paese “straniero“, con tutte le difficoltà del caso; oltre mille operazione chirurgiche all’attivo, una vera flotta di anime riconsegnate alla vita; sopratutto, un raro esempio di rispetto umano e dedizione al lavoro, elementi che lo hanno reso amatissimo dai pazienti e dai dipendenti dell’Ospedale del Cuore.
Nato a Tirana, in Albania, 47 anni fa, Kallushi si laurea in medicina nella sua città e poi si iscrive alla specialistica in Chirurgia generale, sempre a Tirana. Nel 2000 approda a Massa per frequentare un master organizzato all’attuale Opa dalla scuola Sant’Anna. È una folgorazione: il giovane Enkel dedice di restare in Italia e dedicarsi al cuore: "Quando ho visto come si svolgevano gli interventi mi sono innamorato – racconta –. Ho trovato un ambiente molto gratificante e positivo, anche per la formazione. Dissi a me stesso che il mio futuro sarebbe stato qui". All’inizio non è stato facile: Kalllushi deve convertire il titolo albanese e prendere un secondo diploma specialistico in cardiochirurgia. Un percorso lungo e faticoso, complicato dalla necessità di mantenersi in uno Stato estero: "Ad aiutarmi è stata l’atmosfera. L’Opa è una realtà aperta mentalmente e capace di dare sempre fiducia a chi collabora e si impegna. Dopo la prima fase più dura, mi sono integrato bene anche nel tessuto sociale. Scherzando dico che ormai sono un po’ straniero sia qui che a Tirana".
Nel 2010 Enkel viene assunto dalla Fondazione Monasterio come medico strutturato in cardiochirurgia dell’adulto. A oggi, sono oltre mille gli interventi effettuati dalle sue mani. "Ho smesso di contarli da tempo, perché alla fine non contano i numeri. Dietro un’operazione, e questa è la cosa più importante, non c’è mai un solo professionista. La chirurgia è un lavoro di gruppo e solo come tale può funzionare. Noi dobbiamo puntare a risolvere i problemi del paziente, chi sia a operarlo è secondario. Qui nessuno ha manie di protagonismo, ed è un po’ la chiave del successo di questa struttura. A noi interessa che il paziente faccia il miglior percorso possibile, non abbiamo problemi a dare spazio ad altri colleghi o a trasmettere la nostra esperienza ai giovani. In più, a darci forza è la grande disponibilità della dirigenza verso le nostre esigenze e le nostre proposte di investimento in innovazione".
La cardiochirurgia mini-invasiva è il fiore all’occhiello del Pasquinucci: l’apertura dello sterno è stata sostituita da un impercettibile taglio laterale, capace di assicurare anche una ripresa più veloce e meno dolorosa. L’ultimo successo ha visto collaborare, fra gli altri, Kallushi e il cardiochirurgo pediatrico Vitali Pak: l’équipe ha operato al cuore una bimba di 12 anni con la tecnica mini-invasiva. "È stata una grande soddisfazione e una grande emozione – racconta il medico –, specialmente per la reazione della famiglia. In questo lavoro il fattore umano è importante quanto la tecnica. “Dio benedica tutti“ è la frase che dico ad ogni intervento, quando dopo una manovra vedo che il cuore riprende a battere. Quello del paziente e il mio".