
Don Raffaello Piagentini, da 35 anni alla guida della parrocchia del Duomo di Carrara
Carrara, 20 ottobre 2021 - «Quando sono arrivato ho trovato una città viva e vivace, ora però i carrarini non esistono quasi più e le strade e i palazzi sono vuoti". E’ un’amara constatazione quella che fa Raffaello Piagentini quando si guarda indietro e ripensa ai suoi 35 anni alla guida della parrocchia del Duomo. Un traguardo che l’abate e monsignore ieri ha festeggiato attorniato dall’affetto del suo gregge durante la messa pomeridiana. Una piccola celebrazione alla quale don Raffaello, di carattere schivo e poco incline alle luci della ribalta, probabilmente si sarebbe sottratto volentieri, ma alla quale chi in questi lunghi anni ha imparato a conoscerlo e a volergli bene non ha proprio voluto rinunciare.
Tutta la schiettezza del parroco del Duomo viene invece fuori quando gli si chiede di parlare della città che lo ha adottato in quell’ormai lontano 19 ottobre 1986 e che da allora non l’ha più lasciato andare. D’altronde 35 anni non sono di certo bastati a don Raffaello a perdere il suo inconfondibile accento garfagnino, ma ciononostante l’abate di Sant’Andrea si può considerare molto più carrarino di tanti che qui ci sono nati e cresciuti, non solo. Dal suo punto di vista per certi versi privilegiato don Raffaello in questi sette lustri ha potuto vedere da vicino i mutamenti della città, dei suoi costumi e, prima ancora, dei suoi abitanti.
«Ormai Carrara, il suo centro storico, è ridotta all’osso – commenta il prete -. Quando arrivai qui trovai una città piena di vita, ora ci sono momenti in cui è difficile persino trovare qualcuno per strada a meno che non ci sia qualche evento particolare. Tanti palazzi qui nella parte antica sono vuoti, negozi e attività economiche sono sempre di meno e la popolazione residente si sta facendo sempre più anziana".
Una percezione, certo, ma anche una realtà fattuale che don Raffaello supporta con i numeri dell’archivio parrocchiale. "Per i primi 20 anni in cui sono stato parrocco del Duomo in media in parrocchia si facevano tra i 35 e i 40 battesimi l’anno, ora siamo scesi appena a tre – spiega il parrocco -. Di contro i funerali sono in media almeno 40, questo significa che la morte vince sulla vita per 40 a 3. Sono dati che raccontano molto di cosa è avvenuto in quest’ultimo periodo, basti pensare che secondo i dati del nostro archivio solo la parrocchia del Duomo non più tardi di 50 anni fa contava 6.600 anime a cui bisognava poi aggiungere anche gli abitanti delle altre due parrocchie".
Lo spopolamento del centro con annessa quella che nelle sue parole sembra essere a tutti gli effetti una lenta agonia del cuore antico della città non sono però le uniche ferite aperte nella disamina che fa religioso ripensando a questi 35 anni passati in Duomo. Don Raffaello, come già fatto in passato, torna a puntare il dito verso le sue amate montagne e contro quello che lui definisce senza mezze misure "il sacrilegio cosmico delle nostre Apuane". "Io non ce l’ho in nessun modo con i cavatori, sono convinto che il marmo sia una risorsa e come tale sia giusta che porti lavoro, quello che contesto è il modo in cui questo viene gestito - sottolinea l’abate -. Il paradigma qui da noi è estrai e porta via e così le ricadute sul territorio sono misere, non a caso nonostante noi si abbia il cosiddetto ‘oro bianco’ siamo sempre la provincia più povera della Toscana".