"C’è un soldato in tutti noi". Panizzi, storia di un generale

Il comandante dell’esercito ha illustrato la sua carriera al Rotary Carrara e Massa "Da quando mio padre mi regalò i soldatini crociati all’entrata in Accademia" .

"C’è un soldato in tutti noi". Panizzi, storia di un generale

La presentazione del generale Massimo Panizzi al Rotary Carrara e Massa

La vita militare, padre e marito, le meraviglie dell’Istituto geografico militare che ha diretto a fine carriera, i valori della pace e della difesa. Una vita da generale quella che il comandante Massimo Panizzi ha illustrato alla conviviale del Rotary Carrara e Massa al Club Nautico. Un nutrito parterre che ha ascoltato i dettagli di missioni all’estero, trasferte nei luoghi caldi del globo, le funzioni dell’istituto geografico, quella passione nata quando suo padre gli regalò i soldatini crociati fino al 1981 quando entrò nell’Accademia di Modena e da lì si avviò a una brillante carriera che lo ha portato in tutti i luoghi di guerra del pianeta. "C’è un soldato in ognuno di noi – ha spiegato Panizzi – L’Igm, nella sua sede di Firenze ha diverse funzioni: in primis fornire dettagliate mappe a chi è nei luoghi di guerra. Mappe precise che servono non soltano ai militari, ma anche alle pubbliche amministrazioni.

"Nessuna missione sarebbe possibile senza i dati dell’Igm. Lavorare lì significa dirigere una squadra formata da militari e civiii. Un buon comandante – ha ripetuto – è come un direttore d’orchestra che riesce a sintonizzare i vari strumenti, ognuno con la propria competenza enel rispetto delle gerarchie. Se non si riesce a creare una squadra coesa, il ruolo del comandante fallisce". Poi ha parlato dell’importanza della difesa e di fondi per le armi: "Uno Stato non può non avere una difesa: le minacce sono tante: adesso è il momento più grave dopo la seconda guerra mondiale. Difendere significa che una minoranza va verso un pericolo o una minaccia da cui la maggioranza scappa, per tutelare i più deboli. Le nostre missioni sono state per peace keeping e siamo sempre stati a fianco della Nato". Quindi il racconto dei 13 mesi trascorsi in Afganistan. "Da dove non dovevamo ritirarci perché abbiamo riportato il Paese al Medioevo. Le nosre missioni erano finalizzate a creare democrazia. A Kabul con noi i bambini tornavano a scuola, le donne al lavoro, la mortalità infantile era calata drasticamente. Noi addestravamo le forze di sicurezza di uno stato nascente. Eravamo al lavoro con 23 Stati da tutto il mondo". Ancora importanti passaggi di come un generale debba considerarsi cittadino del mondo: dalla Bosnia al Kosovo, da Kabul all’Iraq, alle varie città d’Italia che ospitano reparti militari. Ogni volta mi sono sentito accolto e ho trovato importanti legami nella cittadinanza che porterò sempre con me". Infine l’importanza della rivista ’Universo’ il fiore all’occhiello dell’Istituto geografico militare che getta uno sguardo significativo sull’intero pianeta.

Cristina Lorenzi