Massa, 14 maggio 2022 - Il giudice del lavoro del tribunale di Massa Augusto Lama ha condannato la società Nuovo Pignone a risarcire oltre un milione di euro per danni ai due figli e ai due nipoti di un operaio, morto il 22 dicembre 2018, per mesotelioma pleurico polmonare. Secondo il giudice, in base a una consulenza tecnico-ambientale, l'operaio, nel corso della sua attività di saldatore dal 1965 al 1986 nello stabilimento della Nuovo Pignone di Massa (che produce da reattori a serbatoi) avrebbe lavorato a contato con materiali contenenti amianto o comunque svolgendo mansioni in condizioni ambientali in cui sussisteva il rischio di inalazione di fibre di amianto «in misura superiore al limite normativamente previsto».
In particolare, secondo quanto si legge nel dispositivo della sentenza emessa lo scorso 6 maggio, il dipendente avrebbe avuto un'esposizione superiore al limite previsto dalla normativa di 100 fibre di amianto per litro annue su una media di 8 ore di lavoro. L'operaio avrebbe avuto un'esposizione pari a 231 fibre litro annue dal 1965 al 1975, di 116 dal 1975 al 1981 e di 290 fibre litro annue dal 1981 al 1984, «per un'esposizione cumulativa totale di 30,50 ff/cc anni, pari a 30.500 fibre litro anni, riferita ai valori fissati dalla Conferenza internazionale di Helsinki dell'anno 1997 ed ai relativi protocolli, quindi superiore alla quota di esposizione complessiva di 25.000 fibre litro anni fissata dal Consesso internazionale suddetto».
Per questo secondo il giudice, l'operaio «ha comunque contratto, come accertato dalla Ctu medica pure in atti espletata, quantomeno in senso concausale rispetto ad altri fattori causali di rischio accertati, in particolare l'abitudine al consumo giornaliero di sigarette da parte del lavoratore defunto, oltre al decorrere fisiologico dell'età, una patologia oncologica professionale, da ritenere pertanto causalmente amianto correlata, sia pure nel senso parziale suddetto, diagnosticata come un mesotelioma pleurico polmonare, che lo ha poi condotto», con «piena, esclusiva ed accertata efficienza causale a morte, come indicato nei documenti medici prodotti e, soprattutto, come confermato dalla Ctu medica fatta svolgere nell'ambito della presente istruttoria». Il giudice ha per questo condannato la società a corrispondere ai legittimi eredi del lavoratore una somma di 1.146.926 euro a titolo risarcitorio e pure a rifondere alle parti ricorrenti le spese di costituzione e e rappresentanza in giudizio.