EMANUELA
Cronaca

Dalla “festa” alla quotidianità da cambiare

Emanuela

Rosi

Abituati ormai a rendere tutto smart chiamiamo festa quella che dovrebbe essere una giornata internazionale di riflessione. E da riflettere c’è ancora molto se dobbiamo convincere qualcuno che "le donne sorreggono metà del cielo" e che per sorreggere l’altra metà ci vogliono gli uomini. Se ancora abbiamo bisogno di ministeri, assessorati e commissioni per garantire pari opportunità. Se dobbiamo dipingere di rosso le panchine e seminare scarpette come Cenerentola senza un bel principe a salvarla per ricordare che la donna non si tocca neppure con un fiore, e che la violenza va condannata a prescindere. E più che riflettere in questa giornata, e nelle altre 364 di ogni anno, bisogna agire. Come agiscono ogni giorno le donne, e gli uomini, che fanno conti onesti con la vita. Magari quando un genitore rinuncia a lavorare per curare il figlio troppo fragile e l’altro deve continuare a farlo, tutti i giorni, senza permessi speciali anche se la notte non dorme da due decenni abbondanti, alla cassa di un supermercato sfidando il contagio e la fatica. E, insieme, sorreggono le due metà del cielo e fanno galleggiare sul magma della burocrazia, delle norme sorde e delle leggi troppo lente, quel figlio perché continui a respirare. Ma non solo: insieme riescono a portare in casa il mondo, quello sorridente, per mostrarlo al loro ragazzo. E’ la storia di Cinzia, la mamma che con l’aiuto di un uomo, Giancarlo, è riuscita a far rivedere le norme sui vaccini. Ma è la storia di tante e tanti. E allora potremo festeggiare davvero quando l’8 marzo sarà un giorno come tanti.