Dibattito in carcere per fermare il femminicidio

Magistrati, investigatori e tante donne a confronto su un «passato che non passa»

Nel pubblico in sala il Procuratore Aldo Giubilaro e tante donne

Nel pubblico in sala il Procuratore Aldo Giubilaro e tante donne

Massa, 2 dicembre 2015 - IL FEMMINICIDIO, la difficile dialettica del rapporto uomo-donna nel nucleo familiare e un passato forte, che per decenni ha segnato la dinamica del vivere quotidiano e delle ultime novità legislative. Quasi tre ore di confronto in occasione del seminario sulla violenza di genere. «Femminicidio: un passato che non passa», questo il titolo del convegno organizzato, ieri mattina, all’ interno della casa di reclusione di Massa grazie a Comune,  casa circondariale e all’ ordine degli avvocati. Una platea gremita, in sala il procuratore Aldo Giubilaro, avvocati, rappresentanti in uniforme delle forze di pubblica sicurezza, detenuti e moltissimi giovani del mondo dei servizi sociali di Massa e La Spezia.

L’incontro, coordinato dall’assessore comunale alle pari opportunità Silvana Sdoga, si è aperto con i saluti del prefetto Giovanna Menghini e della direttrice del penitenziario Maria Martone preceduto dal contributo della relatrice Elisabetta Bertagnini, direttrice dell’ ufficio esecuzioni penali esterne che ha sottolineato il fondamentale lavoro di sinergia tra famiglia, scuola e bambini. «Occorre indagare a fondo sulle motivazioni intrinseche della violenza – aggiunge Bertagnini – che spesso è un fenomeno culturale che, in alcuni casi, diventa quasi normale, accettato».

Il sociologo Andrea Spini, docente all’ Università di Firenze, ha posto l’accento sull’evoluzione del ruolo della donna nelle ultime nostrane: «Il modello di riferimento italiano è stato sempre quello con l’ uomo ‘capoccia’ al vertice della piramide familiare e la donna-massaia immediatamente sotto. Dagli anni Sessanta le cose sono cambiate, la donna ha cominciato a lavorare e – prosegue – il maschio ha fatto e fa fatica a tollerarlo. La famiglia oggi è come una S.p.A. perché esiste la parità e nessuna donna accetta la sottomissione». Anche la criminologa Alessandra Verdini sottolinea come il femminismo si sia occupato di violenza solo a partire dagli anni ottanta ma manca tutt’ora un piano nazionale per affrontarlo. «Occorre indagare a fondo ed ascoltare le denunce delle donne – ha concluso l’avvocato Chiara Guasatlli – ed è necessaria la collaborazione tra servizi sociali, psicologi ed assistenti domiciliari».

Massimo Benedetti