REDAZIONE MASSA CARRARA

Dopo 20 anni addio Vasaloppet. Ironman Musetti lascia la gara: "E’ stata la sfida più grande"

Il commercialista, ex gloria del basket, abbandona la maratona di 90 chilometri di sci di fondo "Allenamenti di 20 ore settimanali che ho sempre conciliato con la vita lavorativa e personale".

Dopo 20 anni addio Vasaloppet. Ironman Musetti lascia la gara: "E’ stata la  sfida più grande"

Dopo 20 anni addio Vasaloppet. Ironman Musetti lascia la gara: "E’ stata la sfida più grande"

Massimo Musetti ha detto stop. Come nella maggior parte delle storie della vita, in cui ogni cosa inizia e finisce, così è anche per lo sport, proprio come nel caso del noto ‘Ironman’ Musetti, atleta con una carriera divisa tra pallacanestro, thriatlon e sci. Sì perché alcuni giorni fa l’Ironman apuano ha deciso di ‘appendere gli sci al chiodo’ dopo tanti anni in prima linea nella mitica Vasaloppet svedese, la gara di sci di fondo più importante al mondo e in cui Musetti si è ritagliato un posto nella storia, diventando uno dei pochissimi italiani ad averla disputata per oltre venti edizioni. Per raccontare la carriera di Ironman Musetti, di professione commercialista, servirebbero fiumi di inchiostro. In un primo momento, grazie anche al fisico longilineo, il suo primo amore fu la pallacanestro, divisa tra Carrara, Firenze e Livorno con una parentesi anche alla Spezia. Dopo il basket ecco le tante sfide di triathlon e per l’appunto l’importante Vasaloppet.

Ora Musetti vuole salutare proprio questa competizione, che lo ha visto protagonista per tanti anni, aprendo il libro dei ricordi e tracciando soprattutto un bilancio dei tanti chilometri percorsi sulla neve. Un amore per lo sci di fondo che viene da lontano. "A 23 anni dal debutto, quest’anno non ci sarò – racconta Musetti – e non è un arrivederci, ma un addio. È stata la mia più grande sfida dopo la pallacanestro; dichiarata, impossibile, cattiva, affascinante infida e traditrice, ma voluta e desiderata dal primo momento fino all’ultimo con tutte le mie risorse mentali e fisiche. Dissi dopo la prima nel 1999 che ne avrei fatte venti". Poi le ragioni dietro l’addio. Fondamentalmente per questioni fisiche, trattandosi di una gara che mette a dura prova il fisico, anche quello più allenato. "I 90 chilometri della gara non sono nulla rispetto al percorso per imparare la tecnica – ammette Ironman-, allenamenti estenuanti sopra le 20 ore settimanali tra skiroll, bici, nuoto, pesi. Oltre 200 gare in tutta Europa, sempre conciliando tutto con la mia vita lavorativa e personale. Ho esasperato la convivenza con il dolore fisico a tratti invalidante per i tanti infortuni. Anni dopo, a 60 anni, comincio i 90 chiometri della gara per l’agognato ventesimo traguardo con un senso opprimente di paura. A un rifornimento scivolo sul ghiaccio, cado e batto la testa. Esanime vedo la faccia della morte sul mio viso. Il medico mi vuole fermare ma mi rialzo. La favola era finita nel momento del passaggio del ventesimo traguardo. Così era scritto. Grazie a Gianluca Marcolini, Gianmario Pedrotti, Carletto Benedini, Giuliano Giuntini, Luciano Colombi, Marco Albarello e Paolo Riva".

D.R.