ANDREA LUPARIA
Cronaca

Due anni a processo per bancarotta Assolto l’imprenditore Cargiolli

Il titolare del mobilificio di Pallerone esce a testa alta dal procedimento avviato nel 2020 in Tribunale

Due anni a processo per bancarotta Assolto l’imprenditore Cargiolli

Andrea Luparia

E’ una storia fortunatamente a lieto fine (almeno dal punto di vista della Giustizia), quella che ha vissuto in questi anni Norberto Cargiolli, il titolare dell’omonimo mobilificio di Pallerone. Ieri mattina il giudice Ermanno de Mattia ha letto la sentenza dichiarando l’imputato Cargiolli assolto perchè il fatto non costituisce reato. Assolto con formula piena, insomma. Subito dopo la lettura della sentenza, è stato interessante vedere fuori dall’aula, ma ancora dentro il Tribunale, un gruppetto di parenti e amici, tra cui un suo ex dipendente, stringersi accanto all’uomo per festeggiare insieme la fine di un lungo incubo. Con loro anche l’avvocato Gianpaolo Carabelli, che ha convinto il giudice con la sua arringa molto documentata. Ma ricostruiamo la vicenda. Cargiolli era accusato di bancarotta fraudolenta. Secondo l’accusa, aveva stornato dai bilanci 200mila euro. Ben 140mila venivano da una seconda società, anche questa di sua proprietà. Gli altri 60mila euro erano i suoi emolumenti (chiamateli, se volete, stipendi) pagati in 4 anni di lavoro. Il processo era inizIato nel 2020 ma la sua ditta era stata dichiarata fallita qualche anno prima. Uno dei tanti mobilifici italiani che non hanno retto alla feroce concorrenza cinese eo svedese. Una piccola ditta nata, pare, nel lontano 1917. L’aveva fondata il nonno dell’imputato, che era un bravissimo falegname, l’aveva portata avanti il padre e poi era toccato a Norberto guidarla. Lui la conosceva “come le sue tasche“, aveva cominciato a lavorarci da giovanissimo come venditore salendo fino all’incarico di amministratore unico. Ma i tempi erano cambiati. E non in meglio. Una piccola ditta locale, che produceva e vendeva in zona, era stritolata dalla concorrenza dei colossi. E le banche, come accade sempre in questi casi, era molto restie (a dir poco) a concedere prestiti. Così, per salvare il mobilificio, Norberto Cargiolli aveva cercato di farsi in qualche modi di farsi “prestare“ i soldi da una seconda società, di cui era proprietario. Un prestito che comunque restituiva piano piano. Certo, aveva detto che non avrebbe preso emolumenti ("ma doveva pur campare, non si vive senza un soldo - ha fatto notare il suo avvocato"). Nella sua arringa, il legale ha demolito l’impianto accusatorio facendo notare che alla fine erano solo solo errori contabili. "E’ vero, indicare i 140mila euro compensazione crediti, non era giusto ma erano comunque dovuti - ha detto l’avvocato Carabelli". La difesa ha anche ricordato che Cargiolli non ha licenziato un solo dipendente. Alla fine erano rimasti in 5 ma li ha sempre pagati. Per lui sarebbe stato più facile portare i libri in Tribunale ma ha cercato fino alla fine di salvare l’azienda di famiglia. Particolare non secondario. I creditori non resteranno a mani vuote: "Tra immobili da vendere, mobili e macchinari qualcosa è stato venduto – conclude l’avvocato - parte del credito rientrerà".