DI ROBERTO OLIGERI
Cronaca

E dai boschi riemerge una zappa del neolitico

Sui monti sopra Agnino un abitante della zona scopre uno strumento agricolo da scavo che affonda le sue radici nella Preistoria

FIVIZZANO

di Roberto Oligeri

Dal neolitico è rimasta sommersa sotto alberi e piante. Dopo migliaia di anni è riemersa dalla notte della storia una zappa presitorica. Nella zona della Torre del Nocciolo, sommità posta a monte di Agnino, la frazione conosciuta come “il paese del sole” per la sua fortunata esposizione, è saltata fuori dalla notte dei tempi una zappa, arnese agricolo del neolitico. Quell’area, dove gli antichi in maniera indelebile hanno lasciato le tracce del loro passaggio e dove il professor Cesare Augusto Ambrosi, padre delle statue-stele, aveva rinvenuto una punta di freccia del paleolitico, ha restituito recentemente un reperto che, a detta degli esperti, affonda le origini nel neolitico. Il neolitico, lo ricordiamo, è un periodo della preistoria, l’ultimo dei tre che costituiscono l’Età della pietra, che va dal 10mila avanti Cristo fino al 3500 avanti Cristo, per poi accompagnare la fine della presitoria e dare l’avvio alla storia. Si tratta di un cerchio di pietra in arenaria, con foro centrale ed evidenti scanalature di perforazione. A rinvenire questo originale manufatto, in località “Piastronara” poco sopra il paese in direzione della Torre del Nocciolo, è stato Floriano Cesari, un abitante della zona con la passione della lavorazione del legno.

Cesari stava cercando pezzi di legno quando si è imbattuto in un duro arnese che è spuntato da sotto le foglie. E’ bastato scavare un po’ che è venuta fuori la zappa in tutta la sua meravigliosa antichità. Non sapendo di cosa si trattasse, raccolta la pietra per pura curiosità, Cesari l’ha portata via e deposta nello scantinato della propria abitazione. Qualche giorno addietro, a salutarlo è passato in visita l’amico Rino Barbieri, ricercatore lunigianese con al proprio attivo un’infinità di ritrovamenti e identificazioni di vestigia e reperti del passato: dalle “pietre della fertilità” agli “osservatori solari”, al rinvenimento d’iscrizioni rupestri e molto altro.

Gli occhi dell’esperto hanno immediatamente capito che non si trattava di una pietra qualsiasi e che il ritrovamento dell’amico aveva in sé qualcosa di eccezionale.

Ha subito intuito l’importanza di quella pietra che presentava un foro centrale e l’ha subito identificata come opera dell’uomo nell’antichità.

"Si tratta di un peso per bastone da scavo del neolitico – afferma Barbieri –: era uno strumento a pressione verticale che veniva usato prima ancora della zappa e della vanga in metallo e naturalmente degli aratri in ferro risalenti a dopo l’ottavo secolo avanti Cristo. E’ quindi uno strumento d’età neolitica –precisa il ricercatore – anche se può essere stato utilizzato successivamente a quel periodo ad esempio nell’età del bronzo o nella prima età del ferro. Si tratta di quel genere di terreni sassosi ed estremamente duri a tal punto da non poter essere penetrati da un vomere metallico. E’ con un bastone appuntito ed appesantito da questo tipo di pietra infatti che i nostri antichi, i liguri-apuani – sottolinea Barbieri – dopo aver bruciato piante e rovi ed estirpato vegetazioni spontanee, provvedevano a fare delle piccole buche per deporvi semi di miglio, panico, fave, farro e vari altri tipi di cereali. Siamo di fronte ad una ulteriore, importante testimonianza – conclude lo studioso – che ci fa comprendere ancora una volta di più come molte borgate della Lunigiana non abbiano una origine medievale, bensì storia e radici che vanno indietro di millenni".