REDAZIONE MASSA CARRARA

Fanghi pericolosi nei terreni agricoli. Due milioni di profitti, in 20 nei guai

Rinviato a giudizio anche un dirigente di Gaia. I reati contestati dalla Procura della Repubblica

Nel mirino della procura il materiale gettato sui terreni agricoli spacciato come fertilizzante (foto d’archivio)

Massa, 4 ottobre 2018 - Due milioni e mezzo di ingiusto profitto derivato dalla presunta gestione abusiva dei fanghi di depurazione contenenti sostanze pericolose derivanti da cicli industriali incompatibili con il reimpiego in agricoltura. E’ il perno dell’inchiesta sui fanghi spacciati come fertilizzanti destinati a circa 800 ettari di terreni – nelle zone tra Peccioli, Palaia, Lajatico, Crespina Lorenzana, Fauglia e Montaione – all’esito della quale il magistrato antimafia Giulio Monferini della Dda di Firenze, nei giorni scorsi, ha depositato la richiesta di rinvio a giudizio per 20 persone, a vario titolo coinvolte nell’inchiesta, per lo più operanti nel settore del trasporto e della lavorazione dei rifiuti speciali.

Quei fanghi che venivano sversati sui terreni agricoli, secondo la procura fiorentina, erano in realtà una sorta di prodotto composto da vari elementi e non un vero e proprio fertilizzante: anzi, non aveva alcuna reale utilità per i terreni tanto che gli imprenditori agricoli si facevano pagare per riceverlo, fino a 500 euro a ettaro. All’interno c’erano addirittura sostanze contaminanti, provenienti da decantazione di reflui civili o addirittura industriali, in concentrazioni ben superiori rispetto ai limiti di legge, in particolare idrocarburi. Per la Procura – all’esito del lavoro dei consulenti – era in pratica un fango che peggiorava la qualità ambientale della matrice del terreno. Importanti i quantitativi: si sarebbe trattato di 13-15 tonnellate l’anno per tre anni. La Procura contesta inoltre il delitto di falso in certificati ai gestori degli impianti di spandimento, ai trasportatori, ai gestori dell’impianto di pre trattamento: i campioni che venivano mandati ai laboratori per ottenere le autorizzazioni, per il pm, sarebbero stati confezionati ad arte.

Così i trasportatori partivano con certificati falsi verso gli impianti di destinazione. Fra i nomi delle richieste di rinvio a giudizio ci finisce anche Francesco Di Martino, in qualità di direttore responsabile degli impianti di depurazione di Gaia. La contestazione è di illecito amministrativo e riguarda il fatto per lo smaltimento in aziende agricole a Peccioli Palaia e Montaione di fanghi prodotti negli impianti di Massa e Carrara. Agli atti depositati risulta infatti che i fanghi provenienti dal depuratore Fossa Maestra di Carrara evidenziavano valori di idrocarburi pesanti di 1.400 milligrammi per chilo (quando il limite è 50) e di toluene pari a 5,3 milligrammi per chilo (il limite è 0,5). In totale dal 2013 al 2015 sono contestati produzione e smaltimento abusivo dei fanghi di depurazione per 2000 tonnellate all’anno da Fossa Maestra, 4.000 e 4.500 tonnellate l’anno rispettivamente per Lavello1 e Lavello2.