
La Corte d’appello di Genova conferma l'assoluzione di Franca Leverotti, difensore delle Alpi Apuane, contro l'attività estrattiva.
Ci sono voluti 8 anni ma la recente sentenza della Corte d’appello di Genova dovrebbe mettere la parola ‘fine’ al lungo processo contro l’ambientalista Franca Leverotti. Il caso aveva creato un fervente movimento delle associazioni ambientaliste in terra apuana ma anche in Italia, in solidarietà a Leverotti che tanto si è battuta negli anni per preservare il futuro delle Alpi Apuane contro l’attività estrattiva che nel tempo ha ‘divorato’ milioni di metri cubi di marmo a velocità sempre maggiore, grazie all’utilizzo di nuove tecnologie, e con ricadute difficili da valutare per il territorio mentre, di certo, scendeva l’occupazione al monte. La causa civile era iniziata nel 2018. Leverotti, assieme al Grig (Gruppo d’intervento giuridico onlus) era accusata di diffamazione da Mario Puglia, in qualità anche di sindaco di Vagli di Sotto: la richiesta danni era di 5 milioni di euro e 500mila euro.
Il processo si era aperto all’inizio del 2020, con una grande manifestazione ambientalista davanti al tribunale: associazioni che hanno sempre sostenuto Leverotti in questi anni e avevano esultato alla sentenza del tribunale di Massa, ad agosto 2022, che aveva rigettato tutte le accuse contro la storica ambientalista apuana condannando Puglia e il Comune a pagare le spese legali. Il giudice aveva rilevato come nell’operato e negli scritti di Leverotti non ci fosse stata alcuna diffamazione ma il legittimo diritto a sollevare dubbi, un libero diritto di critica insomma a difesa dell’ambiente e delle Alpi Apuane. Sentenza che all’inizio di marzo è stata confermata dalla Corte di Appello di Genova che ha respinto l’appello proposto condannando il Comune "alla refusione delle spese del grado in favore di entrambe le parti appellate costituite, Leverotti Franca e Gruppo D’intervento Giuridico Onlus, che liquida, per ciascuna di esse in euro 5.000 oltre maggiorazione ed accessori di Legge" oltre a "un ulteriore importo a titolo di contributo unificato" per la situazione particolare del caso specifico. Inoltre la Corte di Appello ha anche dichiarato "la contumacia di Puglia Mario che, pur ritualmente citato in giudizio, non si è costituito".
Riportando alcuni passaggi nel dettaglio, i giudici della Corte di Appello rimarca come le mail inviate da Leverotti fossero "indirizzate a soggetti che rivestono cariche in organi di controllo sulle attività di estrazione di cave, pertinenti, dunque, alle ritenute condotte non confacenti agli standard naturali, lesive al rispetto dell’ambiente e di un bene pubblico quale è il territorio, secondo la verità putativa della Leverotti. In tutte le suddette mail, vengono espresse critiche sulle modalità di sfruttamento delle risorse naturali con termini che mai trascendono in contenuti offesivi e/o irriguardosi ma neppure gratuitamente ingiuriosi e/o infamanti, da parte di una persona, la Leverotti, dichiaratamente dedita alla tutela dell’ambiente ed appartenente ad associazioni a ciò finalizzate". E anche laddove i documenti "fossero caratterizzati da un tono sproporzionatamente scandalizzato e segnato", risultano comunque "espressione dell’esercizio del libero pensiero in quanto indirizzati a soggetti il cui compito è il controllo e la valutazione della correttezza di comportamenti altrui e, come visto specificamente, le frasi riportate nelle mail, mai trascendono in contenuti ingiuriosi e/o infamanti, ma si mantengono, sia pure con toni aspri, nei limiti di continenza verbale e sempre riferiti a verità putative, in quanto la Leverotti assumeva che determinate concessioni necessitassero di più approfondite verifiche da parte delle autorità preposte, al fine del rispetto dell’interesse della collettività di salvaguardia dell’ambiente".