La scorsa settimana la fragedia del cinquantenne fungaiolo di Montignoso trovato morto non lontano dai Prati di Logarghena e ora la corsa all’ospedale “Sant’Antonio Abate“ di un folto gruppo di turisti. La caccia ai porcini è cominciata e sono già tanti ad avere pagato un prezzo troppo pesante. A raccontare l’ultima storia è l’Asl Nord Ovest, rivelando che "sette turisti, che ora sono tutti fuori pericolo, sono dovuti ricorrere alle cure dell’ospedale di Pontremoli per un’intossicazione scatenata dall’aver consumato un fungo velenoso". E così l’Asl in una nota offre consigli utili per distinguere un fungo buona da altri simili ma non commestibili. La nota mette sotto i riflettori il “fungo dell’olivo“, spesso confuso con specie commestibile. E così l’Asl chiede di fare "attenzione all’Omphalotus olearius, noto come “fungo dell’olivo“, una specie velenosa molto simile a quella commestibile dei “gallettì“. Il consiglio è far certificare i funghi agli ispettorati micologici presenti sul territorio, strutture dove personale qualificato è in grado di offrire gratis il servizio di riconoscimento della commestibilità dei funghi. Nello specifico - è precisato nel comunicato dell’Asl - la differenza tra la specie commestibile Cantharellus Cibarius, e quella tossica Omphalotus olearius (fungo dell’olivo), è in due aspetti: il fungo buono è terricolo e sotto il cappello non ha lamelle, ma pieghe. Il fungo dell’olivo è di color arancio e lignicolo e sotto il cappello presenta lamelle ben evidenti, bioluminescenti eo visibilissime al buio". L’Asl conclude ricordando che "dal 2007 in Toscana 1.673 persone hanno accusato sintomi, da gravi a lievi, per il consumo di funghi, perché non commestibili o per intolleranze personali o perchè in cattivo stato di conservazione".
Andrea Luparia