ALESSANDRA POGGI
Cronaca

Giostraia truffa il compra oro Condannata in cassazione

di Alessandra Poggi

Si era vestita elegante, parlava di affari, indossava gioielli e nel frattempo stava truffando un compro – oro della periferia di Avenza. Era il 2021, era andata al negozio, scelto un gioiello e pagato in contanti: Ma poi ci ha ripensato ed è tornata al compro oro e lo ha cambiato con uno molto più costoso. Il tutto firmando un assegno scoperto, un contratto per la rateizzazione e dettando il proprio numero di cellulare alla titolare. Pensava di farla franca la giostraia che aveva già messo a segno colpi simili in provincia, ma stavolta la corte di Cassazione ha detto stop. E ha condannato la donna per il reato di truffa, stabilito dal tribunale, e riconfermato dalla corte di appello di Genova, ma anche a risarcire le Casse delle ammende con tremila euro perché: "In tal modo la Corte d’appello ha rimarcato che l’imputata – si legge nel documento - con il suo comportamento, ha avuto una condotta finalizzata a creare falsi convincimenti sulla sua solvibilità, inducendo la venditrice a un contratto, che altrimenti non avrebbe stipulato". In buona sostanza la truffatrice (condannata in primo grado dal tribunale) aveva impugnato la sentenza ricorrendo a Genova, e poi nonostante l’identico verdetto, ricorso per Cassazione, nella speranza di farla franca. Senza però mettere in conto che non solo il reato sarebbe ascritto per prescrizione (essendo passati i termini di legge), ma soprattutto perché "la giurisprudenza di questa Corte ha più volte chiarito che l’inammissibilità del ricorso per Cassazione non prevede impugnazione, e preclude la possibilità di dichiarare le cause di non punibilità". Per cui la giostraia dovrà rispondere del reato di truffa, ma anche pagare le spese processuali e 3mila euro alle Casse delle ammende. Così ha deciso la settima sezione penale presieduta da Giovanni Verga, e con relatore Giuseppina Anna Rosaria Pacilli. "La Corte d’appello- conclude il documento - condividendo quanto affermato dal primo giudice, ha rimarcato che l’essersi presentata nella gioielleria vestita in modo elegante, intrattenendo discussioni di affari, l’avere richiesto una modifica alla merce che intendeva acquistare, lasciando alla parte lesa il numero di telefono, sono condotte idonee ad indurre la negoziante a confidare nella serietà delle intenzioni".