
di Cristina Lorenzi
Il teatro itinerante, il ricordo di una famiglia di attori che sempre con la schiena dritta ha superato regimi e dittature, attraversato due secoli con tutti gli eventi che hanno scandito la storia del Paese. E’ la storia degli undici fratelli De Rosa, intreccio di dinastie teatrali la cui origine si perde nella notte dei tempi e i cui contorni sono stati ridefiniti da Renato De Rosa che, in onore ai suoi avi, dove l’amore ha unito la nobiltà di Raffaele alla teatralità di Maria Giuliani, ha scritto il libro ’Figli d’arte’. Un volume edito da Photo Travel Edition, che ripercorre aneddoti e dettagli di una compagnia itinerante, delle sue radici e delle vicende e, al tempo stesso, la narrazione di ciò che fu il teatro itinerante, arte perduta, la cui memoria va svanendo nelle nebbie del tempo. Una storia che inizia a Melfi nel 1873, quando Raffaele De Rosa, rampollo di un’agiata famiglia di galantuomini, possidenti terrieri, destinato suo malgrado a una grigia vita da notaio, si innamora di Maria, attrice itinerante, figlia del capocomico Luigi Giuliani. "Un amore impossibile – racconta Renato De Rosa – , contrastato dalle famiglie e, quando Raffaele abbandona gli studi per unirsi alla compagnia, viene diseredato. I Giuliani sono attori senza fissa dimora, che recitano viaggiando di paese in paese. Dall’amore tra Raffaele e Maria nasceranno undici figli, che saranno allattati nei camerini e calcheranno il palcoscenico sin dalla tenera età. I Fratelli De Rosa, crescendo, affineranno la loro arte e costituiranno compagnie itineranti tra le più stimate in Italia. Una generazione orgogliosa e ribelle, che concepì il teatro anche come strumento per diffondere la cultura e combattere le ingiustizie. Una scelta di vita, da loro definita dignità, che suscitò l’apprezzamento del pubblico, ma al tempo stesso attirò gli strali del potere politico e religioso". Da qui un viaggio a contatto con gli eventi della storia, l’emigrazione, la prima guerra mondiale, il brigante Musolino, l’anarchia, il biennio rosso, Mussolini, Matteotti, Balbo, la censura fascista, il confino, la seconda guerra mondiale, la Resistenza, fino ad arrivare a Giovanni Guareschi e a Gian Maria Volontè. Ancora negli anni ‘20 e ‘30, quando tutta l’Italia era a testa china davanti al regime, quando solo 12 professori su 1.225 rifiutarono di giurare fedeltà al fascismo, quando la gran parte degli artisti era asservita al regime, i fratelli De Rosa hanno sempre continuato a battersi per la libertà. Lo facevano come potevano, cambiando i titoli o l’ambientazione delle opere, cambiando le
battute, rappresentando lavori diversi da quelli indicati sui borderò. In sostanza erano sempre dalla parte della povera gente e della libertà. "Ho trovato una rivista del ‘26 che riporta con stupore che i Fratelli De Rosa rappresentavano Pirandello e Ibsen a Zibello, autori che si temeva a portare sui palcoscenici della grandi città, perché troppo moderni. Ebbero il calore e la stima del pubblico nelle piccole città e nei paesi, ma patirono miseria, fame, freddo e stenti. Non raccontarono mai la loro storia, perché ritenevano di avere agito secondo la loro coscienza. In questa mia ricerca ho scoperto episodi incredibili. Come quando recitarono con i fucili dei fascisti puntati, pronti a intervenire se avessero fatto propaganda, come quando in un paese dell’Emilia si chiusero nel teatro con le famiglie per impedire alle squadracce di appiccare fuoco o come quando, sfollati in Veneto, recitarono nelle stalle per non morire di fame. Ricostruire la loro storia e riportarla alla memoria è stata per me una missione. Quando ho iniziato la mia ricerca non immaginavo quello che avrei trovato. Ho trovato persone meravigliose, che non hanno mai chinato la testa e hanno diffuso arte, conoscenza e libertà. Il tutto con semplicità e naturalezza, con l’eroismo quotidiano dei giusti. Per questo riportare idealmente sulle scene i fratelli De Rosa è per me una soddisfazione incredibile, un atto di orgoglio e di giustizia". La storia teatrale dei De Rosa, si concluderà verso la metà del ‘900: il teatro itinerante, passato indenne attraverso guerre, rivoluzioni, pestilenze e carestie, in pochi anni verrà malinconicamente sconfitto dall’avvento del cinema e dalla televisione.
Il libro con le vite dei fratelli De Rosa è stato notato dalla Compagnia teatrale i Mattatori che il 9 aprile alle 21 lo metterà in scena al Teatro De Filippo di Cecina. La regista Lucia Bonora ha salutato con entusiasmo il progetto e lo ha realizzato ridando voce agli undici fratelli che torneranno ancora una volta tutti insieme sul palcoscenico.