
di Francesco Scolaro
"Il cinema? E’ sopravvissuto alla pandemia grazie a San Contributo. Dire oggi che va bene è pazzia ma bisogna dirlo perché chi mai avrebbe pensato che per due anni non si sarebbe andati al cinema…". Non si nasconde dietro a un dito o a giri di parole Vasco Scarpellini, patron con i suoi fratelli Riccardo e Laura del cinema Multisala Splendor 7 di Massa e di un’altra struttura con tre sale a Pisa. Va dritto al sodo, da uomo di affari, con la consapevolezza dell’esperienza di chi fra pochi giorni compie 80 anni e ha vissuto le tante stagioni dell’economia, in particolare quella del grande schermo. Dall’inizio di aprile i cinema sono di nuovo aperti, con le restrizioni Covid ridotte al minimo.
Ma gli anni della pandemia sono stati durissimi e a domanda diretta su come siano sopravvissuti Scarpellini non ha bisogno di cercare sofismi: "Grazie a San Contributo, è inutile raccontarci novelle. Si può stare a discutere se sia giusto o meno, apprezzo chi dice che ogni attività economica sovvenzionata sia destinata a sparire secondo la teoria liberista, certo da rivedere. Ma è evidente che quando ci si trova in situazioni eccezionali ci vogliono misure eccezionali. E grazie ai contributi siamo rimasti in piedi". Perché, parafrasando, nessuno è ateo in trincea. "Siamo stati chiusi in pratica due anni, checché si provi ad allungare il tempo il cinema ha le sue stagioni, come il gelato e il panettone. Non si fanno pubblicità per vendere panettoni a ferragosto. La stagione del cinema va da ottobre a Pasqua e questa è culminata per due anni con le chiusure dovute alla pandemia. Non si può dire a chi abita in questa zona di andare al cinema quando c’è bel tempo: la gente va sul lungomare".
Un crollo del cinema che Scarpellini definisce quasi un fenomeno auto amplificante: con le sale chiuse nessuno faceva buoni film e senza buoni film la gente non va al cinema, anche quando aprono: "Il cinema lavora sui grandi numeri, ha bisogno di tanta gente. Credo che tutto debba essere ripensato, anche il concetto del multisala. Dieci anni fa sembrava essere l’unico sistema e tutti i monosala sono andati a sparire. Infatti non abbiamo chiuso l’Astor per fare il Multisala ma abbiamo fatto il Multisala perché nessuno veniva più all’Astor. Ho ancora tutti i borderò degli ultimi anni dal 2008 e ogni stagione le presenze si dimezzavano. A gennaio 2019 e gennaio 2020, invece, stavamo battendo tutti i record di presenze possibili con il multisala. C’erano i film, c’era il brutto tempo che per noi è buona stagione. Poi il trauma della pandemia e siamo fortunati a essere ancora in piedi. E credo che le case di produzione non siano particolarmente felici dei risultati delle piattaforme. Perché la verità è che se un film passa in sala e fa i soldi poi li fa anche sulle piattaforme. Ma se non passa in sala anche in televisione ci va alle 2 di notte. La sala è ancora un traino per lo sfruttamento successivo del film".
Ma c’è futuro per i cinema? "Me lo auguro. Il gestore del cinema purtroppo non può fare molto. Le case fanno quello che vogliono, decidono i tempi, i prezzi… Ma il cinema può essere migliorato nelle offerte delle comodità e nell’estetica, nelle apparecchiature tecnologiche, nella pulizia. Non credo ai bizantinismi dei divanetti invece delle poltrone. Però si è perso il valore architettonico dei cinema, anche se si è guadagnato in comodità. Una volta ogni cinema era fatto a modo suo, accompagnavo mio padre dagli architetti, nelle cristallerie ad esempio per realizzare il Politeama a Viareggio. Sarebbe bello recuperare un po’ di estetica e credo che questa sia stata una occasione mancata".