
Il Monzone di Buffon Il portiere Dobelli apre il libro dei ricordi
Angelo Dobelli, classe 1959, era capitato a Monzone nel 1980 per svolgere il servizio militare come carabiniere nella locale caserma. Aveva visto i giocatori allenarsi sul ‘Giannetti’ e un giorno chiese di potersi aggregare, quando libero da impegni di servizio. Il Monzone militava nella Prima Categoria Ligure ed era allenato allora da Adriano Buffon, il padre di Gigi. Quello fu un anno trionfale per la squadra della Valle del Lucido: vinse il campionato dopo un accanito duello con il Cadimare. Presidente era il ristoratore Remo Pietrini. Durante le partitelle di preparazione al campionato non era certo sfuggita a Nino Damiani, a Buffon e a Giuseppe Vegnuti, benevolmente sopranominato ‘Fagnèn’, la bravura di Dobelli, tanto che fu convinto a tesserarsi, una volta avuto il consenso come prestito militare del Parma, nelle cui giovanili aveva da sempre militato fino a divenire il portiere della Berretti dove giocava Carlo Ancellotti.
Subito si rivelò una “saracinesca”, un giovane divertente e originale, un po’ guascone ma simpatico. All’inizio della partita affiggeva alle reti della porta una scimmietta portafortuna, a suo dire, e ne era tanto convinto che una volta, alla Spezia, mentre si preparava a scendere in campo contro la Migliarinese, accortosi di aver dimenticato la scimmietta, non voleva schierarsi in porta e, così, un dirigente (Pietro Lunini) fu costretto a tornare a recuperarla a Monzone, facendo ritardare l’inizio della gara con conseguente multa. La sua originalità la dimostrava, con benevola strafottenza, non certo, però, gradita dagli avversari quando non centravano la sua porta e lui simulava il gesto di sparare al pallone. Una cosa, però, era certa, che non era facile fargli gol e molte furono le sommesse vinte in allenamento con compagni che non riuscivano a segnare. Lo notò anche la Carrarese, che lo seguì per molte gare e, poi, gli offrì un contratto che lui rifiutò per tornare a casa. Un dirigente del Canaletto, vedendolo all’opera da dietro la porta che difendeva, disse: "Questo para anche i sassi".
Il suo idolo era Castellini, il giaguaro. Finito il militare, militò nei campionati emiliani col Brescello e il Montecchio, ottenendo grandi risultati. Avrebbe potuto avere una carriera a più alti livelli se non ci fosse stata una brutta caduta da un muro dove era salito per assistere ad un concerto dei Pooh. Ora è in pensione con la moglie e due figli. Vorrebbe andare a vivere in Marocco, paese di origine della moglie, che però ama l’Italia. L’accoglienza ricevuta a Monzone durante la sagra della trota è stata di quelle che strappano lacrime e anche inaspettata: sono passati più di 40 anni dalla sua partenza dal paese.
Tutti gli sportivi lo ricordano per le sue qualità che lo fanno indicare come il miglior portiere del Monzone, che pur ne ha avuto tanti di bravi. Ad aspettarlo c’erano alcuni suoi vecchi compagni di tante battaglie: Bacci, Arcangeli, Pecini, Fabiani O. e Fabiani G., Iacopacci, oltre al presidente Sisti e ai dirigenti. È proprio il caso di dire che il calcio talvolta divide, ma anche che crea solide amicizie che il tempo non cancella, anzi rafforza, non fosse altre perché rinnova momenti felici della giovinezza.
Enrico Baldini