Le lampade dell’architetto Antonio Leone partono da un "corpo illuminante che emana una luce tramite la sinuosità delle forme e i tagli delle interconnessioni, attraversa la materia, la fende e la retro illumina creando effetti mutevoli e sorprendenti", così lui le descrive. L’architetto è nel suo studio, dalla grande finestra davanti al tecnigrafo pieno di progetti si vede tutta Massa, sul tavolo tre lampade che manualmente modifica nella forma variando il flusso di luce. "La loro caratteristica è che sono fatte di marmo senza incollaggi o finti masselli – prosegue –. Se escludiamo l’apparato elettrico è tutto marmo non c’è nessun altro materiale. A monte la grande passione per questa pietra come il marmo paonazzo, il calacatta macchia vecchia, il calacatta di Vagli, gli onici e gli alabastri. Questo lavoro frutto della ricerca degli ultimi anni è stato fatto ripensando sempre all’uso della pietra anche in un concetto di economia circolare visto che le lampade vengono ricavate da pezzi di scarto, residui di squadratura dei blocchi che noi recuperiamo".
Una collezione, quella dell’architetto massese, dal titolo ‘Pietra di Luce’ presentata all’interno della Marmomac, la fiera di Verona rivolta al marmo, che nella sezione Meets Accademies alla presenza delle università e centri di ricerca ha visto esposti questi pezzi unici. "Opere con una disegno che ha la sua forza nella semplicità delle forme – continua l’architetto –. Le nuove tecnologie applicate alla progettazione e associate all’artigianalità ci permettono di arrivare a spessori minimi determinando nuove trasparenze e maggiore luminosità esaltando così nuove variazioni cromatiche. In particolare le lampade sono concepite come piccole architetture, distinguibili per la semplicità dei volumi puri, come la sfera, il cubo, il cilindro e i poliedri".
Così Leone progetta, disegna, poi nei laboratori carraresi nasce l’opera a seguito di un "attento e scrupoloso studio compositivo e strutturale dei volumi – conclude – che mirano a valorizzarne non solo il disegno della materia ma anche di poter modificare attraverso alcuni semplici ed elementari movimenti manuali, sia la forma della luce emessa. Il fruitore finale diventa così l’artefice della composizione". Sette lampade, sette pezzi unici, che prendono il nome di ‘Nyx’ la dea della notte, ‘Selene’ la dea della luna, ’Iris’ la dea dell’arcobaleno, ’Aura’ la dea della mitologia greca, ‘Nike’ la dea della vittoria, ‘Isis’ la dea della vita e della fertilità e ‘Mut’ la madre divinità egizia.
Ma non solo lampade per l’architetto che, affiancato dalla figlia Isabella, anche lei architetto, ha visto collaborazioni con la Soprintendenza come il restauro del Teatro degli Impavidi di Sarzana e diversi restauri e allestimenti museali in territorio spezzino come il museo civico archeologico ‘Ubaldo Formentini’ del Castello di San Giorgio, il Museo del Sigillo, il Centro di arte moderna e contemporanea ‘Camec’, il Museo provinciale per la caccia e la pesca nel Castello di Calice al Cornoviglio e il museo ‘Amedeo Lia’. Inoltre due progetti recenti a Massa come la chiesa di San Pio X e il restauro dell’ex Convento di Santa Chiara per la Curia di Massa.