Erano stati accusati di riciclagigo e ricettazione durante la famosa inchiesta del ’Nero alle cave’, poi tutti assolti perché il fatto non costituisce il reato. Il trbunale di Massa, tramite il dispositivo del giudice Fabrizio Garofalo, ha inoltre ritenuto non configurabile il reato presupposto di esercizio abusivo dell’attività bancaria non autorizzata, neppure in concorso. Sarebbero potuti essere ipotizzabili reati fiscali legati alla sottofatturazione nel commercio del marmo, ma essi sono comunque prescritti per tanto in applicazione dell’articolo 129 codice di procedura penale. Questo si legge nelle motivazioni della sentenza che mette fine a un’inchiesta iniziata 13 anni fa che fece tremare il mondo del marmo. A processo erano finiti 8 imputati, tutti oggi assolti. Si trattava di Eugenio Venezia, Giuliano Venezia, Maria Pia Venezia, Paolo Zanzanaini, difesi dagli avvocati Patrizia Baccigalupi e Enrico Marzaduri, Giovanni Simonelli difeso dall’avvocato Giovanni Altadonna Andrea Simonelli, difeso dall’avvocato Valentina, Fabio Braccini e Kapur Munish, difesi dagli avvocati Luca Pietrini e Giovanni Flora.
Durante una delle udienze finali era stato lo stesso pubblico ministero Marco Mansi nella sua requisitoria a chiedere l’assoluzione degli imputati. Con l’assoluzione scatta il dissequestro di tutto ciò che era stato sequestrato agli imprenditori fin dal 2013, vale a dire dai conti correnti ai beni immobili.
L’inchiesta della Guardia di Finanza coordinata dall’allora procuratore capo della Procura di Massa, Aldo Giubilaro, aveva fatto scalpore nella città del marmo, un vero e proprio tsunami con nomi di grandi imprenditori del lapideo. Le indagini erano iniziate due anni prima, nel 2011, con intercettazioni, pedinamenti e rogatorie. Tra le prove principali vi era il sequestro del portatile di un broker, ritenuto un punto di svolta nelle indagini. Si parlava di paradisi fiscali, valigie piene di contante e triangolazioni di denaro tra intermediari indiani e Carrara.