ANDREA LUPARIA
Cronaca

Infermiere “assenteista“ a processo

Quattro donne hanno parlato dell’assistenza a domicilio di cui l’uomo era incaricato. Nuova udienza il 6 giugno

di Andrea Luparia

"Mia mamma aveva bisogno di assistenza a casa, poi è morta ma allora era a letto e aveva bisogno di aiuto. L’Asl doveva mandare qualcuno ma l’infermiere non veniva sempre". A parlare è una delle quattro donne che ieri mattina si sono sedute al banco dei testimoni nel processo a carico di Giuliano Laghi, l’infermiere sessantenne di Carrara accusato di assenteismo e peculato d’uso (venne fermato dai carabinieri che gli hanno contestato l’uso dell’auto di servizio fuori delle sue funzioni).

Ma facciamo un passo indietro. Secondo il Pubblico ministero l’infermiere anzichè visitare i malati a casa per il servizio di assistenza domiciliare dell’Asl, andava a lavorare in una azienda cooperativa di Avenza. E di quella ditta Giuliano Laghi, infermiere dell’Asl, sarebbe stato anche socio e consigliere d’amministrazione. Il processo è iniziato nel 2015 e Laghi venne arrestato lo stesso anno. Negli anni in aula è stata ascoltata come testimone anche l’ex funzionaria dell’Asl incaricata del coordinamento del servizio infermieristico a domicilio in cui lo stesso Laghi era impegnato. Ed è stata ricostruita tutta l’attività dell’infermiere attraverso l’analisi delle cartelle cliniche dei singoli pazienti: in alcune mancava la sua firma, altre invece erano del tutto regolari. La stessa dirigente aveva peraltro sottolineato come a Laghi, proprio per la sua esperienza, venissero affidati pazienti con particolari problemi. Nel 2019, interrogato, l’imputato si è difeso sostenendo di aver sempre fatto il suo dovere e dicendo che le soste avvenute durante l’orario di lavoro erano tutte brevissime: "Una volta sono andato a portare un caffè a mia moglie nel suo negozio. Sono rimasto non più di trenta secondi, il tempo di scendere e portarle il caffè, per poi risalire sull’auto di servizio e prosegue il giro delle terapie".

Ieri solo una delle quattro donne chiamate a testimoniare ha detto chiaramente di ricordarlo accanto al congiunto che stava male. Per la verità una ha anche lodato le sue capacità spiegando che era il più abile a trovare la vena nel braccio del marito. Altre invece hanno detto di non averlo mai visto. Alla domanda del giudice, una teste ha detto di ricordare che gli addetti inviati a casa dall’Asl arrivavano in ritardo abbastanza spesso. E che comunque erano quasi sempre donne. C’è stato anche un botta e risposta tra un legale e una signora piuttosto anziana: l’avvocato diceva che era l’imputato a portarle a casa la borsa della spesa, la signora ha negato dicendo che era sempre la figlia. Prossima udienza il 6 giugno. Sarà il giudice Augusto Lama a decidere chi ha ragione.