REDAZIONE MASSA CARRARA

La Cassazione assolve Lattanzi: "Sequestro nullo"

La corte suprema di cassazione respinge il ricorso di Unicredit sul sequestro dei beni dell’avvocato Lattanzi per 7,5 milioni. Legato al caso della moschea in Iraq mai costruita, il verdetto conferma le sentenze precedenti.

Terzo no per Unicredit, la corte suprema di cassazione respinge il ricorso della banca sul sequestro dei beni dell’avvocato Carlo Giovanni Lattanzi per un valore totale di 7,5 milioni di euro. Così è stato deciso nella camera di consiglio della terza sezione civile, un tassello che si va ad aggiungere ai due no della corte di appello di Genova e al disco rosso del tribunale di Massa. Tre sentenze che hanno, in pratica, confermato il provvedimento del giudice delle esecuzioni che il 9 agosto 2019 aveva dichiarato estinto il procedimento esecutivo promosso dall’istituto di credito nei riguardi dell’avvocato in forza della sentenza della corte di appello di Torino, sezione penale. Al centro il caso della moschea in Iraq mai costruita: la vicenda risalente al 1990 che destò molto scalpore nella nostra città, era legata ad una commessa miliardaria che la ditta Dazzi aveva ottenuto dall’Iraq di Saddam Hussein e che le due guerre del Golfo avevano impedito di portare a termine, da qui il fallimento della ditta di via Piave ed un complicatissimo intreccio di cause che, oggi, hanno trovato in parte il loro epilogo. L’avvocato Giovanni Altadonna che ha difeso il collega Lattanzi, ha quindi visto accogliere le sue istanze da quattro giudici, quello delle esecuzioni, il collegio del tribunale di Massa al tempo presieduto da Maurizio Ermellini poi la corte di appello di Genova e ora la corte suprema di cassazione presieduta da Franco De Stefano. Quindi rigettato il ricorso e dichiarate integralmente compensate tra le parti le spese del giudizio di legittimità. Ma la cassazione si era già pronunciata in merito alla moschea fantasma. Gli avvocati Rinaldo Reboa, Giancarlo Lattanzi, Laura Donatiello e l’imprenditore Paolo Dazzi, furono definitivamente assolti dalle accuse che a suo tempo aveva loro mosso la Procura della Repubblica di Torino. Gli imputati erano comparsi dinanzi ai giudice per rispondere delle gravissime accuse di falso, bancarotta ed abuso d’ufficio.

P.P.