FRANCESCO SCOLARO
Cronaca

La Cina del futuro si progetta a Massa "Non si costruisce nulla senza un passato"

L’architetto Guido Bondielli, con il suo studio Gba, ha disegnato nuovi quartieri a Shanghai e a Hangzhou, dove ha vinto un concorso "Siamo come medici: se operiamo male peggioriamo la vita delle persone. Il modo di operare e interagire è fondamentale"

di Francesco Scolaro

Le città sono come organismi. Sono vita su dimensione collettiva. Nascono, crescono e, purtroppo, possono morire. Eppure danno segnali precisi di ciò che non va. Il colore avvizzisce sotto il grigio del cemento, la mobilità si congestiona nelle arterie ostruite, il malessere pervade i quartieri. Ed è qui che bisogna intervenire con la giusta cura, con un disegno della città capace di rinnovarla tenendo conto della sue peculiarità. "L’architetto è un buon medico. Se opera male condiziona in peggio la vita delle persone. Nelle scelte il modo di operare e interagire con le persone è fondamentale". Parola di Guido Bondielli, architetto che da Massa ha saputo conquistare il mondo portando l’eleganza, la storia e la fantasia italiana con lo studio Gba – Guido Bondielli Architects.

"Lo studio nasce nel 1992 e opera da subito su tre direttrici: progettazione e costruzione, didattica, collaborazione con le aziende. La progettazione va dalla piccola scala, come un oggetto di design, all’architettura degli edifici, per arrivare al masterplan urbano. Ma a tutti i livelli bisogna sempre tenere presenti due aspetti: avere coscienza del luogo e la composizione architettonica. Nella composizione, di un oggetto o di una torre, il concetto è lo stesso: non sono semplici volumi ma una relazione continua spaziale fra interno ed esterno. Poi l’uso di materiali innovativi: cerco di portare progetti e aziende italiane con me nel mondo".

Un esempio particolare?

"Venti anni fa fui chiamato dalla storica azienda Sannini di Impruneta, dove producono terracotta. Avevano riscontrato una riduzione della produzione. Allora come art director pensai di cambiare il modo di utilizzo: non più pavimenti ma facciate, nell’uso verticale. Oggi viene usata così in tutto il mondo: il Samsung Museum a Seoul progettato dall’architetto Mario Botta è rivestito dalla terracotta. Le barriere fonoassorbenti a Firenze, la cantina Antinori. Abbiamo dato a un materiale storico una nuova applicazione. E quando spieghi ai cinesi che quel materiale è stato usato per la cupola del Brunelleschi a Firenze non hai paragoni. Inoltre ha un pregio importante in Cina, dove l’inquinamento è un problema: non annerisce".

Lavorate molto in Cina. E’ una realtà diversa?

"Siamo arrivati per un concorso di architettura, ad Hangzhou per realizzare un quartiere residenziale e hotel con tre grandi torri. Non si può costruire nulla di contemporaneo che guarda al futuro se non ho un passato. Non posso dimenticarmi dei cinesi, della loro cultura. Abbiamo cercato di unire le due culture nelle Ginkgo Tree Towers: la forma dell’albero del ginkgo in cui è stato inserito un aspetto delle torri italiane, come quella di piazza della Signoria a Firenze, che mentre si alzano si allargano. Oggi sono un po’ il simbolo della città. A Pudong, Shanghai, sta per terminare la realizzazione di quattro edifici ispirati al quadro dei loti di Monet".

Ma si può ancora costruire in Italia come si fa all’estero, ad esempio in Cina, dove si lavora su tabula rasa?

"L’Italia di certo è un paese che non ha bisogno di nuova edificazione. E’ satura. Ma serve la rigenerazione. Intervenire sulla complessità della città, nei suoi nodi irrisolti, nelle sue criticità e verso i problemi storicizzati o più recenti. L’approccio condiviso e la consultazione sistematica sono un metodo praticato dalle città più attente al territorio e allo sviluppo, come il caso di Prato sulle problematiche del verde e della riforestazione urbana. Hanno studiato tutto: viabilità, piazze, edifici, spazi da reinterpretare. Altrimenti si va a intervenire in modo frammentato e il risultato non va bene. Serve una rilettura generale dello spazio urbano per individuare criticità, fragilità e costruire un piano generale di rigenerazione dove tutti gli aspetti devono essere legati. Le periferie sono la città del futuro e bisogna ricucire gli spazi".