REDAZIONE MASSA CARRARA

La Cisl tutela l’ambiente: "Basta escavare i monti senza creare lavoro. No alla distruzione"

Il segretario Andrea Figaia: "Le montagne non sono infinite". Chiede di non rilasciare autorizzazioni a fronte di assunzioni scarse .

Il segretario Andrea Figaia: "Le montagne non sono infinite". Chiede di non rilasciare autorizzazioni a fronte di assunzioni scarse .

Il segretario Andrea Figaia: "Le montagne non sono infinite". Chiede di non rilasciare autorizzazioni a fronte di assunzioni scarse .

"È giusto che la distruzione irreversibile di pezzi o intere montagne sia legata ad un ritorno di lavoro?". A chiederselo è Andrea Figaia, segretario generale della Cisl Toscana nord in merito all’ipotizzato aumento occupazionale in una cava di Massa che ha chiesto al Comune possibilità di ampliare l’escavazione a fronte del’assunzione di appena tre persone. Nello specifico il sindacalista prende posizione come Cisl per dire stop "alle autorizzazioni e agli ampliamenti di volumi escavabili" di u n patrimonio non riproducibile.

"In particolare sembrerebbe che autorizzando l’aumento dell’escavazione si potrebbe arrivare ad un aumento dell’occupazione pari ad almeno 3 unità", prosegue Figaia. "Su Carrara insistono circa un centinaio di cave con circa 700 dipendenti, ma il dato, in calo, era sceso sotto le 650 unità da inizio anno come da dati Inail - aggiunge il sindacalista -. Mentre a Massa lavorano meno di dieci cave e gli occupati sono una settantina. Il coefficiente tra Carrara e Massa è stranamente simile, intorno allo 0,14%. I dati garfagnini e della Versilia sono anche migliori nel senso che esiste un’occupazione tipicamente territoriale legata all’ambiente montano ed escavativo. Ma la domanda è se è giusto che la ‘distruzione’ nel senso del cambiamento irreversibile di pezzi, parti o intere montagne sia legato ad un ritorno di lavoro?

Le montagne non torneranno mai più, per come erano, il lavoro dura il periodo dell’impresa. Qual è il parametro per considerare soddisfacente un ritorno occupazionale comunque da verificarsi?".

"L’economia plurisecolare dei nostri territori montani – spiega Figaia – , che viveva di agricoltura di sussistenza e anche di parziali locali attivazioni escavative - va avanti l’analisi capillare di Figaia-, non è certo più il contesto attuale, anche sul piano demografico. Nei nostri paesi a monte non vive ed abita più la gente come avveniva dal periodo dei ‘beni estimati’ (dal 1750 in poi). Le comunità non sono più coese, persino le parrocchie che avevano una loro centralità e rilevanza vivono tempi diversi di riaggregazione su un’area più vasta. Rimane la sola produzione industriale, miniere a cielo aperto o al chiuso che vengono e verranno escavate senza pietà, slegate dal territorio, dalla gente, dall’ambiente. Contesti ‘amazzonici’ plumbei dove la natura dovrà fare un passo indietro e abitati da escavatori, ruspe, frantoi e camion adibiti all’interesse di pochi, senza alcun ritorno sociale, minimamente ragionevole. Sindacalmente ci assumiamo la responsabilità di dirlo in modo chiaro - conclude Figaia -, basta autorizzazioni o ampliamenti di volumi escavabili per un piatto di lenticchie". Un argomento che finora era appannaggio degli ambientalisti e di chi da anni si batte per limitare l’escavazione e che adesso comincia a trovare sponda e rappresentanza anche nei sindacati dei lavoratori che cominciano a chiedere un freno e un serio limite all’escavazione o che per lo meno il lavoro al monte sia in linea con un vero rilancio occupazionale del settore lapideo.