La cottura del cibo negli antichi testi in uso nel territorio pontremolese conquista il palato dei gourmet. Cucina tradizionale, ma non solo, questo metodo di cottura si può usare per moltissimi alimenti: dal pane alle torte, dalle carni ai dolci. Per non disperdere questo patrimonio culturale la Condotta Slow Food LuniApua, guidata dal fiduciario Matteo Podenzana ha organizzato sabato scorso alla Vecchia Cascina di Tarasco in comune di Filattiera un corso di cottura nei testi che ha richiamato una ventina di iscritti da Lombardia, Emilia, Veneto e Toscana. Tutti appassionati di tradizioni culinarie desiderosi di apprendere le tecniche per allungare i menù degli agriturismi o anche solo per esperienza personale. Protagonista di questo tipo di cottura il testo di ghisa formato da due elementi: il sottano e il soprano. Il primo è la base dove vengono collocati gli alimenti da cuocere. Il secondo a forma di campana permette l’effetto forno, soprattutto quando è ricoperto dalla brace. Professore del corso Luciano Bertocchi che ha affascinato l’uditorio con la cultura culinaria storica.
"E’ stato entusiasmante avere così tanti iscritti – ha detto il fiduciario Podenzana – Significa che le segnalazioni di Slow Food sanno cogliere nel segno". Le prime lezioni sono servite per insegnare agli allievi l’individuazione della corretta temperatura del testo e il tipo di legna da usare per il fuoco (ramaglie di faggio, castagno e nocciolo). Sono previste tre temperature di esercizio del testo (bassa, media alta) che si scoprono gettando sul coperchio un pizzico di farina o crusca: bruciano in modo diverso e caratterstico, indicando l’escursione termica in atto. Poi sono state sperimentate le cotture dei testaroli, di pani, pattone e dolci, torte di verdura, barbotta, erbadela, pizza, ortaggi, funghi, patate e carni. Si è cominciato con la preparazione della pastella con farina, acqua e sale da colare nel testo scaldato con legno di faggio o castagno. Al termine della cottura il testarolo si trasforma in un disco compatto e poroso da tagliare a piccole losanghe che vengono immerse successivamente nell’acqua all’ebollizione per poco più di un minuto, prima di finire nel piatto condite con formaggio parmigiano e pecorino amalgamato con basilico tritato e olio extravergine.
La dimostrazione delle diverse fasi di cucina è stata davvero affascinante per le capacità didattiche del professor Bertocchi, depositario degli antichi segreti della produzione e della Trattoria da Bussè che ha riscoperto sin dagli anni Trenta del Novecento il tradizionale cibo contadino. Nel corso della mattinata gli allievi, divisi in due gruppi, hanno potuto ammirare le tecniche di cottura della ’karsenta’ un tipo di pane preparato esclusivamente con farina di frumento. Ma molti anni fa si producevano diverse varietà di ’Karsenta’ in base alle disponibilità di farina delle singole famiglie. Venivano utilizzate anche farine di cereali di minor pregio come la segale, il miglio, l’orzo, il panico, l’avena, la spelta. E spesso, per cambiare il sapore, si aggiungeva farina di castagne. Poi la barbotta, torta con farina di mais, cipolle e pecorino. Una specialità primaverile molto richiesta dai turisti. Seguita dalla torte d’erbe e dalla cottura dell’agnello pasquale con le patate di montagna.
Natalino Benacci