
La regione che non c’è. Riaffiora il sogno di riunire 8 province nel nome di Lunezia
La regione che non c’è si chiama Lunezia. Il vecchio sogno della regione Emiliano-Lunense, nato sull’idea tedesca del lander: una circoscrizione costituita attorno ad un capoluogo che raccoglie città e località con interessi economici convergenti, trova ora nuovo impulso grazie all’annunciata riforma costituzionale che prevede l’elezione diretta del primo ministro. In questo contesto i promotori di Lunezia sperano anche in un riordino delle regioni in cui potrebbe trovare posto questo tipo di fusione. Le province interessate sarebbero Massa-Carrara, La Spezia, Parma, Piacenza, Reggio Emilia, Cremona e Mantova, un bacino di 2 milioni e 500 mila abitanti che unirebbe territori della Padania offrendo loro uno sbocco al mare.
Il termine Lunezia fu coniato nel 1989 dal giudice Alberto Grassi durante una riunione dell’allora comitato promotore della nuova regione al Passo del Lagastrello. Ma nonostante tutti i tentativi il progetto rilanciato in diverse stagioni politiche non ha mai ottenuto l’udienza del Parlamento. Aveva iniziato nel 2002 l’onorevole Sandro Bondi, portavoce di Forza Italia, presentando la proposta di modificare l’articolo 132 della Costituzione che prevedeva di circoscrivere il referendum consultivo ai soli comuni coinvolti nel progetto. Ma non superò l’opposizione parlamentare. Anche di recente i tentativi dell’associazione Lunezia, sono andati a vuoto. "Le amministrazioni provinciali coinvolte nel progetto, che potrebbero essere decisive per realizzarlo, non lo considerano attuabile – spiega il professor Rodolfo Marchini, borgotarese, che presiede l’associazione Lunezia – . Ci ascoltano di più i Comuni, ma il percorso istituzionale prevede che la proposta presentata da tanti consigli comunali in rappresentanza di almeno un terzo dell’aggregazione territoriale sia approvata con referendum dalla maggioranza delle popolazioni interessate. Dobbiamo smuovere l’opinione pubblica, la nostra associazione ha organizzato molte iniziative in questo senso. Abbiamo però fiducia che nella legge di riforma per il premierato abbia un seguito il riordino territoriale".
Per Marchini se il sodalizio interegionale confidasse di poter inserire la regione Lunezia nell’attuale contesto delle 20 regioni farebbe un buco nell’acqua. "Invece in questo contesto riformatore – spiega – confidiamo che il parlamento si renda conto della necessità di un riordino delle regioni che potrebbero essere ridotte e si potrebbe inserire Lunezia, con le sue 8 province aggregate attorno all’asse del corridoio Tirreno-Brennero. Credo che potrebbe farne parte anche Modena. ne. C’è però una seconda soluzione: il Parlamento potrebbe decidere anche il ripristino delle province, come pensavano già Gianfranco Miglio e la Fondazione Agnelli, prevedendo macro accorpamenti interregionali come Lunezia. In questo caso la nostra proposta sarebbe limitata alla Spezia, Massa Carrara e Parma. Ma se non si mette mano a questo riordino non ci sono speranze".
Il vecchio sogno anche lunigianese, forse era scaturito dalla Lunigiana Parmense che visse nel decennio ( 1849-1859) in cui i territori di Pontremoli, Bagnone, Filattiera, Mulazzo, Villafranca e Zeri, furono annessi al Ducato di Parma, guidato da Carlo III. Sovrano che ha lasciato un ricordo fatto più di ombre che di luci. "Lunezia è un dejà vu perché all’epoca Pontremoli apparteneva a uno stato che si chiamava Ducato di Parma, Piacenza e Lunigiana – commenta Giuseppe Benelli già docente all’Università di Genova e autore di un volume su Lunezia – , smembrato poi con l’Unità d’Italia dal dittatore Farini. Ma certamente Lunezia sarebbe una modifica epocale, a mio parere molto positiva. E a dire il vero è già esistita, anche se per breve tempo. I Borbone, con il trattato di Firenze del 1844, avevano istituito questa aggregazione con cui si stabiliva che alla morte di Maria Luigia sarebbe nato il Ducato di Parma, Piacenza e Pontremoli comprendente tutta l’alta e media Val di Magra. Con l’Unità d’Italia si ritenne opportuno separare la provincia di Pontremoli dal Ducato di Parma creando l’artificiosa provincia di Massa e Carrara che non rispetta la continuità con il bacino della Val di Magra".
Ma l’idea di Lunezia nasce nei lavori preparatori del Congresso di Vienna del 1814 e ancora prima nel trattato di Fontainbleau quando venne discussa l’unione amministrativa dei territori di Parma, Piacenza, La Spezia e Val di Magra sotto il dominio di Maria Luigia d’Austria, moglie di Napoleone. All’ultimo momento il ministro degli esteri francese Talleyrand mise il veto. La questione si ripropose inutilmente con l’unificazione nazionale del 1861 e poi nei primi anni del Novecento e alla Costituente. Nel 1946 deputati parmensi, spezzini, piacentini, reggiani e cremonesi guidati da Giuseppe Micheli presentarono una proposta di istituzione della regione Emiliano-Lunense (Spezia, Modena, Parma, Piacenza, Reggio Emilia e Val di Magra). Natalino Benacci