Bisogna allineare la gestione del verde urbano alla rinnovata sensibilità ambientale dei territori. Perché se piange il cuore nel veder tagliare un albero storico, le ragioni che stanno alla base della decisione sono quasi sempre valide e confermate da esperti del settore, dottori agronomi o dottori forestali. Il mondo è cambiato rispetto ai progetti da cui sono nate le nostre città e oggi quegli alberi che potevano essere perfetti in un territorio urbano in fase di sviluppo non vanno più bene. Scelte e valutazioni tecniche che però dovrebbero essere ‘comunicate’ nel modo più rapido, semplice ed efficace possibile a tutti i cittadini. Sono questi alcuni dei punti cardine che individua Michele Vernaccini, dottore agronomo consigliere dell’Ordine territoriale per le province di Lucca, Pisa e Massa Carrara.
"Sì, le piante sono ammalate perché il patrimonio arboreo dei nostri territori è indubbiamente vecchio. Sono mancate le sostituzioni in alcuni periodi storici. Ora le cose stanno iniziando a cambiare, sono stati avviati i processi spesso contestati dai cittadini ma dobbiamo prendere atto che senza non possiamo ringiovanire il patrimonio verde. Un male necessario". Sostituzioni che spesso cambiano il ‘tipo’ di pianta. "L’importante è che l’intervento sia sempre funzionale. In passato le essenze sono state gestite secondo coscienza ma non secondo scienza. Si eseguivano opere ritenute idonee come le capitozzature non sapendo a cosa si andava incontro. Poi ci siamo accorti delle conseguenze, una di queste è che quello stesso tipo di intervento necessita di essere reiterato, è difficile correggerlo, e le piante soffrono di rotture totali o parziali. O piante in contesti che con il passare del tempo non si sono dimostrati idonei. Pensiamo al platano che raggiunge la maturità fisiologica dopo 20 anni sviluppando chiome di 15 o 20 metri. Piantato a 3 metri da un condominio crea un problema per il futuro difficilmente gestibile. O i danni dei sottoservizi: operazioni che prevedono di tagliare asfalti e marciapiedi ma sotto passano anche le radici delle piante e il taglio reiterato e continuo ha effetti dannosi. Le stesse manutenzioni programmate non tengono conto delle necessità specifiche di ogni singola essenza".
Verde sempre più delicato e importante ma pochi Comuni hanno un agronomo dipendente. Massa ne ha assunto uno l’anno scorso. "E’ una figura che manca perché spesso la pianta viene vista solo come arredo urbano, sotto il profilo architettonico invece ci sono una serie di questioni fisiologiche che devono essere valutate da dottori agronomi o dottori forestali. La verità è che questa materia non è mai stata affrontata in passato, è del tutto nuova grazie alle novità normative introdotte da una decina di anni. Prima spesso c’era il vuoto siderale".
Si tende a trattare il verde a compartimenti stagni fra i vari Comuni eppure le ‘piante’ non conoscono confini. Non sarebbe meglio studiare Piani del verde intercomunali anche per ottimizzare le risorse? "Secondo me sì, dovrebbe essere una soluzione da valutare soprattutto per quei Comuni più piccoli che non possono avere degli uffici del verde strutturati. Infine la comunicazione da parte delle amministrazioni è un elemento determinante: tagli e abbattimenti devono essere comunicati ai cittadini in maniera chiara e tempestiva, con il supporto di tecnici per garantire trasparenza e una sorta di processo partecipato".