CRISTINA LORENZI
Cronaca

"La tracciabilità è inapplicabile". Industriali sul piede di guerra contro il regolamento sul marmo

Giancarlo Tonini definisce "impossibile e troppo costoso schedare un blocco dalla cava all’opificio". La concorrenza con i paesi emergenti rende nulla la lavorazione delle marmette. Penalizzate le fasce basse .

"La tracciabilità è inapplicabile". Industriali sul piede di guerra contro il regolamento sul marmo

Giancarlo Tonini, storico. indutriale dice la sua sul braccio di ferro in corso fra le imprese e il Comune sulle normative del marmo

Un braccio di ferro che potrebbe pregiudicare tutti i tavoli in corso sul marmo. Mentre la sindaca Serena Arrighi non commenta la valanga di ricorsi che sta precipitando negli uffici marmo di palazzo civico, le aziende confermano che sul regolamento della tracciabilità e sull’articolo 2 relativo agli informi non hanno alcuna intenzione di cedere. "Le leggi vanno rispettate – spiega uno degli storici imprenditori del lapideo, Giancarlo Tonini –, ma quando non funzionano vanno ripensate".

Il regolamento sulla tracciabilità è stato annunciato come frutto di una lunga concertazione fra industriali e Comune. Come mai adesso arriva questa pioggia di ricorsi?

"Parlo a titolo personale per cui posso soltanto dire che così com’è quel regolamento non può funzionare. Tecnicamente è impossibile gestire la tracciabilità dalla cava alla pesa. Questo prevede che ogni azienda si doti di strumenti tecnici e di linee che al monte non ci sono per comunicare alla pesa tutti i dati del blocco che sta scendendo. Questo comporta costi esorbitanti che le aziende, specie quelle del marmo meno pregiato, non potrebbero sostenere".

Poi c’è il passaggio dalla pesa all’opificio

"Anche in questo caso i problemi sono innumerevoli. L’opificio deve predisporre schede con tutti i dati relativi a quel marmo e il cliente finale che riceve il materiale è costretto a comunicare al Comune le schede con l’intera tracciabilità del blocco. Un iter complicato che nel caso del marmo meno pregiato crea fa scappare gli acquirenti".

Poi c’è il nodo sugli informi

"Certo, gli informi sono difficili da lavorare. Quando ho iniziato alla fine degli anni ’70 c’erano sul territorio 180 o 200 macchinari proprio per gli informi per realizzare piastrelle. Adesso forse se ne contano quattro al massimo. Le macchine sono costose e la fascia bassa non riuscirebbe a trarne un profitto. In questo momento il marmo, specialmente quello di fascia bassa, risente della concorrenza di paesi emergenti che hanno costi di manodopera più contenuti. Turchia, Grecia, Brasile, Spagna riescono a fare meglio di noi con i materiali che non siano il bianco più pregiato. Il Comune non può obbligare le aziende a lavorare gli informi: le marmette qui sono impensabili, c’è la concorrenza con altri paesi dove il costo della manodopera, dell’elettricità e di altri parametri è nettamente più basso".

Quindi siamo davanti a una legge che non è conforme al mercato

"Politicamente bisognerebbe che prevalesse il buon senso. E’ un errore affrontare il settore a comparti: escavazione, tracciabilità, concessioni. Bisogna rivedere l’intero comparto del marmo non i singoli argomenti. C’è troppa distanza fra il settore locale, quello nazionale e quello internazionale. Prima di fare le leggi bisognerebbe conoscere il settore del lapideo e verificare cosa succede a livello mondiale. Fino a che il tema non viene affrontato globalmente ci troveremo sempre davanti a ricorsi e braccio di ferro. Qua si è perso il senso della realtà".