CRISTINA LORENZI
Cronaca

L’azienda tessile rinasce. D’Avenza: quando il lusso è un’opportunità

La ditta tessile di Carrara, dopo un passato difficile, conosce una incredibile fase di espansione

Jonathan Clay, numero 1 della d’Avenza di Carrara

Jonathan Clay, numero 1 della d’Avenza di Carrara

Carrara, 12 novembre 2023 – C’era una volta la d’Avenza. L’azienda tessile del lusso, famosa per aver vestito con smoking, giacche, pantaloni e cappotti, attori, capitani d’industria, capi di stato è tornata a nuova vita. Il marchio, che non manca nei guardaroba di personaggi come Silvester Stallone e Keith Richards, è stato acquistato dal fallimento da Jonathan Clay, figlio di quel Tony Clay che dal 1976 fu presidente della azienda, inventò il marchio e dette vita a una delle aziende più blasonate della sartoria maschile mondiale. Con 22 dipendenti, un pacchetto di clienti che va da re Carlo a rock star del calibro di Keith Richards, la d’Avenza adesso sta recuperando quel posto in prima fila che ha avuto nel corso della storia. La società, che chiuderà il 2023 con un fatturato vicino al milione di euro, con 10 capi al giorno, sta confezionando 1400 abiti l’anno e sotto la guida di Jonathan Clay come un’araba fenice è risorta dalle proprie ceneri.

Aperta nei nuovi spazi del Centro Tuscania in piena era Covid, nel 2021 da Clay junior, con il socio francese Gerard Losson, patron della Formens con 1700 dipendenti e 60 milioni di fatturato, sta vivendo una crescita esponenziale che prevede in pochi mesi di raddoppiare le maestranze e che nell’ultimo anno ha avuto un segno più del 96 per cento. Il resto è storia del passato con il fondatore Tony Clay che lascia nel 1987. Poi una gestione meno accurata e l’arrivo dei primi avvisi di garanzia. Negli anni ’90 se ne contano 27 e da qui il fallimento e l’acquisto all’asta da parte del pratese Renato Cecchi. Ancora l’arrivo negli stabilimenti di Nazzano di Brunello Cucinelli che nel 2014 compra impianti e macchinari lasciando perdere un marchio che finisce per la seconda volta nei faldoni del tribunale fallimentare con Brandamour che a sua volta lo vende al giovane Clay, figlio di quel Tony Clay da cui è partita una storia di lusso ed eleganza, che ha tenuto alto il nome del made in Italy nel mondo. Una serie di traversie che hanno portato la maison che firmava gli smoking di Sean Connery in 007 e il celebre cappotto di cammello di Marlon Brando a una vendita spezzatino che soltanto l’acume, la tenacia e la capacità della famiglia Clay hanno salvato dalla morte.

"Contiamo nel 2024 di salire da 22 dipendenti a 50 – spiega Clay –. La d’Avenza ha senso soltanto a Carrara dove è nata e dove ha fondato radici e dna. Le nostre sarte assicurano quel know how che era proprio della griffe dagli anni ’70 e che l’ha resa celebre in tutto il mondo". Pertanto Clay ha voluto il ritorno di quelle stesse maestranze che vissero l’età dell’oro e che, recuperate da altre realtà, adesso possono garantire la continuità di un marchio fatto di qualità, con capi cuciti addosso a clienti dal palato finissimo. "Appena riaffacciata al mercato l’azienda è stata salutata dal pubblico con l’entusiasmo che l’ha sempre accolta ovunque nel mondo – racconta Clay –. Recentemente abbiamo vestito Keith Richards per la tournée mondiale e per il matrimonio della figlia".