Centotré anni fa, nella Fiume conquistata dal poeta guerriero Gabriele d’Annunzio, veniva promulgata la Carta del Carnaro, per molti la costituzione più bella del mondo. Il secolo di D’Annunzio è più attuale di quanto possa sembrare e nell’avventura di Fiume si intravvede anche una nuova Italia. Una carta d’Antan? Tutt’altro. di un testo per molti versi molto più chiaro e moderno di quella attuale. Per ricordare quella rivoluzione dannunziana è uscita in questo giorni in libreria " La carta del Carnaro", la costituzione della libera Repubblica di Fiume, pubblicata da Toscana Book Editore , scritta da un grande sindacalista come il lunigianese Alceste De Ambris e rivisitata poeticamente da Gabriele d’Annunzio. Venne proclamata a Fiume l’8 settembre 1920 al Teatro Fenice davanti ad una folla di popolo e legionari arrivati per festeggiare la proclamazione della Reggenza.
Ma il colpo di mano del vate per ottenere l’annessione di Fiume al Regno d’Italia era entrato nel mirino della diplomazia internazionale e anche del Governo italiano. impegnato in trattative diplomatiche con il Regno di Jugoslavia che ne rivendicava l’appartenenza. Poi il trattato di Rapallo, concluso il 12 novembre tra il governo Giolitti e la Jugoslavia, riconobbe Fiume come stato libero e indipendente. D’Annunzio si rifiutò di riconoscerlo, seguì un braccio di ferro, la città fu bombardata dalla marina militare italiana e i legionari obbligati a sgombrare." Ci siamo accorti troppo tardi che la Carta del Carnaro si colloca esattamente nel mezzo della nostra storia, a cavallo tra la Costituzione della Repubblica Romana del 1840 e la Costituzione della Repubblica Italiana del 1948 - spiega l’editore Maurizio Bardi -. La Carta del Carnaro non è un timido punto al centro di due grandi eventi. E un ponte che tiene insieme in un meraviglioso equilibrio due estremi della storia italiana, un trait d’union che ha traghettato le idee di Giuseppe Mazzini e Aurelio Saffi. Idee di eguaglianza, libertà e fraternità che non riconoscono titoli di nobiltà,né privilegi di nascita o casta, fino a Piero Calamandrei, l’uomo che ha costruito il faro che illumina, per ora, la nostra vita giuridica e sociale. Rappresenta una vera rivoluzione per quegli anni: introduce l’assoluta uguaglianza di tutti i cittadini, il diritto di voto alle donne, il minimo salariale,legittima la libertà di pensiero, di stampa, di riunione e associazione. Soprattutto il potere giudiziario viene nettamente separato dal potere legislativo ed esecutivo, riprendendo così la classica ripartizione dello spirito delle leggi di Montesquieu.Al di là dell’importanza di D’Annunzio, che della Carta è stato l’alchimista, ci preme ricordare che nei confronti di Alceste De Ambris abbiamo un debito che in qualche modo dobbiamo colmare". La Carta del Carnaro entusiasmò uomini politici e studiosi di tutto il mondo.
Era stata studiata da De Ambris che aveva lavorato intensamente per preparare la bozza. "D’annunzio aggiunge alla Carta un tocco letterario - sottolinea l’avvocato Roberto Valettini, sindaco di Aulla e vicepresidente del Consiglio distrettuale di Disciplina forense della Liguria, che ha scritto l’introduzione al libro -. Aggiunge evocative espressioni medievali, le fazioni, gli statuti, i capitoli, commentando che l’unica democrazia vera che c’è stata in Italia è quella dei Comuni medievali: il popolo che si governa da solo". Valettini sottolinea come il principale avversario politico di D’Annunzio, il primo ministro Francesco Saverio Nitti, che il poeta aveva battezzato "Cagoia", fosse spaventato dal testo della Carta. "La boccia come un documento di ignoranza e di fatuità degna solo di una riunione di mattoidi - aggiunge -. Invece un giurista antifascista, rigoroso, per niente dannunziano, come Francesco Ruffini, forse il grande dell’epoca,nel 1926 in un libro pubblicato dalle edizioni di Piero Gobetti, ne riconosce l’importanza. E definisce la Carta del Carnaro una visione lirica di un poeta capace e meritevole di fissare l’attenzione di grandi statisti". Ma D’Annunzio è stato fascista? Secondo Valettini è forse è il momento di sfatare questo luogo comune. "Su Hitler, anticipando tutti, il grande poeta ha espresso tesi di una lungimiranza straordinaria - prosegue - In una sua lettera del 1920 lo aveva definito un imbianchino". Il poeta non aveva simpatia per il fascismo e nemmeno per Mussolini. E la Carta di Fiume è una costituzione libertaria avanzata che ancora oggi appare moderna e coraggiosa.
Il libro pubblicato dall’editore Maurizio Bardi contiene anche una biografia di Alceste De Ambris il cui autore è Francesco Micheli. Nato a Licciana Nardi nel 1874, Alcese de Ambris studiò al Liceo Pellegrino Rossi di Massa per trasferirsi poi alla Facoltà di Giurisprudenza di Parma dove aderì assieme a Luigi Campolonghi ai moti per il rincaro del pane (1898). Dopo questa vicenda fu costretto all’esilio in Francia e in Brasile. E’ stato un sindacalista e giornalista esponente di spicco del movimento repubblicano e mazziniano e parlamentare del Partito socialista italiano. Si spense nel 1934 a Brive durante una riunione della Lega Italiana per i Diritti dell’Uomo che aveva fondato e fu sepolto nel piccolo cimitero della cittadina francese.
Natalino Benacci