
La commissione soddisfatta del respingimento delle richieste sulla legge 35 da parte del Consiglio di Stato
di Daniele Rosi
Soddisfazione in Comune a seguito della recente sentenza del Consiglio di Stato che ha respinto il ricorso di alcune aziende del lapideo sulla legge regionale 35. Sono tanti gli argomenti toccati nella commissione marmo presieduta da Nicola Marchetti, in cui sul tavolo è stato discusso il report dei diversi contenziosi del settore lapideo, nei vari ambiti. In commissione è intervenuto anche il dirigente del settore marmo Giuseppe Bruschi per un punto della situazione sullo stato dei vari contenziosi.
Spazio nel dibattito soprattutto per la recente sentenza in cui il Consiglio di Stato ha respinto il ricorso al Tar di un pool di aziende escavatrici, in cui venivano contestati alcuni passaggi della legge regionale 35 del marmo su tariffe e concessioni. Il Consiglio di Stato, dando ragione al Comune, aveva respinto le motivazioni per cui le aziende avevano chiesto una nuova sentenza sul contributo di estrazione, impugnando la disparità di trattamento tra il canone dell’area apuo-versiliese e il resto della Toscana. Per molte delle osservazioni delle imprese, è stato in ogni caso rinviato il merito al tribunale ordinario.
"Non possiamo che essere soddisfatti quando c’è l’esito simile di una sentenza - ha commentato il presidente Nicola Marchetti - perché quando il Comune vince, vince l’intera collettività di Carrara". In commissione è stato spiegato che la sentenza riguarda la situazione precedente il 2015, con la partita che rimane aperta per le aziende che hanno intrapreso lo stesso percorso dal 2016 in avanti. "La sentenza del Consiglio di Stato è molto importante - ha aggiunto il dirigente marmo Giuseppe Bruschi - perché potrebbe rappresentare un punto fermo a livello giuridico da qui in avanti per i tavoli ancora aperti degli anni dal 2016 al 2019".
In commissione è stato fornito poi un report generico anche su altri tipi di contenziosi che vedono da una parte il Comune e dall’altro le aziende. Detto dei ricorsi sulle tariffe, un rapido passaggio è stato fatto anche sui contenziosi per enfiteusi, che attualmente sono 28, con ben 26 di questi che saranno riuniti sotto un unico giudice e gli altri due a parte. Tavoli aperti anche per alcuni ricorsi sulla ricognizione degli agri marmiferi, con una parte al Tar e un’altra al tribunale ordinario. In questo caso, il Tar ha già stabilito che si tratta di un’area fuori dalla propria competenza, rimandando perciò la responsabilità giuridica al tribunale ordinario. Sul regolamento sulla tracciabilità, a ottobre 2025 è stata fissata la prima udienza, mentre per i ricorsi sulle proroghe Emas, ci sono un paio di ricorsi con richiesta di sospensione e con udienza al Tar avvenuta questo febbraio, con la sentenza che dovrebbe arrivare a breve.
Esulta anche Legambiente: Già in più occasioni il Tar Toscana lo aveva affermato e ribadito: “non è contestabile che la zona apuana costituisce un unicum dal punto di vista ambientale e paesaggistico, tant’è che è stata riconosciuta come geoparco dall’Unesco“. E ancora: “[nel comprensorio apuano] l’estrazione avviene in zona fortemente rilevante e delicata sotto il profilo ambientale e paesaggistico“. Ora, a mettere la parola “fine” sulle infondate pretese di Confindustria e delle aziende Società Apuana Marmi – Sam, Guglielmo Vennai, Caro & Colombi, successori Adolfo Corsi Carrara, Gemignani e Vanelli Marmi, ci ha pensato il Consiglio di Stato che ha rigettato i diversi appelli presentati e ha confermato che i “due elementi, pregio ambientale della zona e pregio commerciale del marmo estratto, rende non irragionevole e rientrante nella discrezionalità del legislatore la previsione di un regime particolare nella determinazione del contributo di estrazione“".
"Ma non solo – proseguono –: ha definitivamente affermato che “la delicatezza [della zona Apuo-Versiliese] è fatto notorio, così come la diretta incidenza in essa dell’escavazione sul paesaggio, composto proprio dalle montagne dalle quali si effettua l’estrazione del marmo la quale ultima incide irreversibilmente sul primo e in generale sullo stato dell’ambiente, non essendo il marmo una risorsa rinnovabile“. Sono quindi, ancora una volta, i giudici amministrativi a sottolineare come il contributo di estrazione non costituisce un “tributo” bensì un “indennizzo” disposto a favore della collettività per i danni conseguenti allo sfruttamento della risorsa marmo. per i giudici è giusto che il contributo di estrazione colpisca pure gli “scarti di lavorazione”, “poiché questi vengono commercializzati per essere utilizzati in diverse attività produttive, generando quindi un profitto per le imprese escavatrici“".